Che fosse un Brasile diverso lo si era capito da tempo; che non sarebbe stata la nazionale spumeggiante di anni passati anche. L’assenza di Neymar ha privato la “selecao” della sua stella più luminosa, del suo leader, l’unico veramente capace di spostare il peso della bilancia dalla tua parte in qualsiasi momento. Ma, siccome bisogna fare di necessità virtù, ecco che Dunga prova ad adattarsi, costruendo in terra statunitense un nuovo Brasile.
La selecao siamo abituati vederla giocare a calcio in un solo modo: divertendosi. Era questo il motto dei brasiliani che facevano del pallone il loro migliore amico e con questo oggetto sferico dovevano divertirsi, perché se riuscivano a giocare con gioia si esprimevano al meglio e quando lo facevano per gli avversari non esisteva modo di fermare la marea verde-oro. E se loro si divertivano in campo, noi gli ammiravano da fuori; infatti veder accarezzare il pallone come facevano i vari Pelé, Bebeto, Romario, Ronaldo, Ronaldinho era un piacere per gli occhi. Le loro epoche, però, sono finite e oggi parliamo di un Brasile diverso, di una nazionale che sta provando a costruirsi un nuovo abito per poter fronteggiare la mancanza di qualità che in questa di epoca ha colpito i “penta campeones“. Ecco allora che Dunga, per attuare questa rivoluzione nel gioco brasiliano, mette in atto un cambiamento tattico; l’avversario va pressato alto, bisogna immediatamente riconquistare palla per sfruttare il contropiede perché nella costruzione del gioco si fatica. Contro l’Ecuador il Brasile ha provato a mettere in pratica questo dettame, specialmente nel primo tempo quando le energie permettevano ai giocatori di stare alti ed infatti da tre palloni recuperati sono nate situazioni interessanti, poi mal sfruttate dagli attaccanti della selecao.
Copa America più Olimpiadi? No, entrambe non puoi farle. In sostanza è questo il succo del discorso che il “Barcellona” ha fatto a Neymar che ha deciso di non partire per gli Stati Uniti per guidare la sua nazionale alla conquista di quell’oro olimpico che manca nella bacheca della selecao. L’assenza del gioiello del Barca, però, si sente; con lui in campo sarebbe stato diverso perché in qualsiasi momento ti può cambiare le sorti della partita e poi sarebbe stato per il Brasile un leader, quell’uomo-immagine che con il suo carisma avrebbe spinto tutti i suoi compagni a dare di più, a spingersi oltre per un popolo che, dopo la disastrosa esperienza mondiale non vuole più piangere ma vuole tornare a divertirsi.
Il Brasile sta cambiando; se momentaneamente o definitivamente solo il tempo può dircelo. Nel frattempo è in atto una rivoluzione, un nuovo modo di giocare brasiliano che nella notte di Pasadena non ha convinto del tutto. Ma si sa, per i cambiamenti ci vuole tempo.
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