“Quando Kolarov ha vinto la Premier League nel 2012, quasi nessuno dei nostri giocatori andava all’asilo“. La difesa di Lars Lagerbäck dai media, che a suo avviso hanno esaltato all’eccesso una nazionale debole, sia in difesa che in attacco, è solo l’ultima parte del rapporto con un paese che non riesce proprio ad affezionarsi a lui. Così, a margine dell’eliminazione dai playoff di qualificazione all’Europeo 2020 subita dalla Serbia (e da un Sergej Milinkovic-Savic in stato di grazia), è già tempo di valutazioni a Oslo.
Poco da dire. Sotto la pioggia dell’Ullevaal, a Oslo, la Serbia ha meritato. Subito due occasioni di Aleksandar Mitrovic, poi Maksimovic ha salvato sulla linea di porta un colpo di testa di Håland e lo stesso ha fatto Rajkovic su Sørloth. Troppo poco: Lagerbäck ha sostituito Henriksen con Normann a inizio secondo tempo, Djuricic ha trovato la risposta di Jarstein, Lagerback ha inserito Joshua King nell’inedita posizione di esterno sinistro. All’82’ Milinkovic Savic, entrato due minuti prima per Djuricic, ha trovato il vantaggio. Pari di Normann all’88’ (gran conclusione da 16 metri) e supplementari. Jarstein decisivo, prima su Mitrovic, poi fortunato in occasione del palo colpito da Lazovic. Col raddoppio di Milinkovic-Savic (102’, assist di Tadic) non c’è stata partita. E anzi è più andata vicina la Serbia al 3-1 che non la Norvegia al 2-2. Evidente la crisi di identità, come le polemiche su Twitter per il mancato impiego di un esterno sinistro di ruolo anziché l’adattato Johansen: “Anno 2031, Jens Petter Hauge vince il suo terzo Pallone d’oro e Lagerback mette titolari Henriksen e Johansen a centrocampo”. Ancora: “Da piccolo è stato bullizzato da qualche ala?”.
Facile pensare che con Håland e Sørloth (29 e 24 reti la scorsa stagione nei rispettivi campionati) sarebbe arrivata la prima qualificazione a un grande torneo da Euro 2000. E invece ecco la quarta eliminazione ai playoff da inizio millennio (2003, ’05, ’15 e ’20), con una generazione che fatica a ripetere quella nazionale, che in Olanda convocò tra gli altri John Arne Riise, Kjetil Rekdal (col numero 10), Steffen Iversen e quattro attaccanti d’eccezione: John Carew, Ole Gunnar Solskjær, Tore André Flo e Ståle Solbakken. Che di recente è stato licenziato dal Copenhagen dopo 13 anni e ora potrebbe seriamente prendere il posto di Lagerbäck. Che a sua volta, a 72 anni, ha un contratto prorogato neppure un anno fa fino a novembre 2022, cioè fino al Mondiale, anche se ha ammesso: “Non ho problemi a farmi da parte”.
Ai playoff per Euro 2020, la Norvegia era arrivata grazie alla vittoria del girone C di Nations League nell’autunno 2018. Finire in testa al raggruppamento è prioritario ma, dopo un k.o. in casa con l’Austria (1-2) e una vittoria sull’Irlanda del Nord (5-1) è tempo di valutazioni. Lagerbäck ha indubbiamente dotato la Norvegia di una solidità difensiva che mancava da tempo – riproponendo il lavoro fatto con l’Islanda qualificatasi a Euro 2016 – ma il mancato approdo a Euro 2020 può far propendere per un calcio più offensivo. “Se crei aspettative, rischi di costruire un castello per aria – ha detto il c.t. a TV2 – abbiamo perso e dipende sia dal fatto che gli avversari siano più bravi che dalle troppe aspettative costruite sui giocatori”. Contro di lui, l’opinionista Jesper Mathijsen: “Abbiamo incontrato la Serbia che non giocava una bella partita da anni, all’Ullevaal eravamo favoriti. Ma non c’è cosa migliore di un norvegese che alleni la Norvegia. Anche se la Svezia è molto simile, non c’è nessuno che conosca il calcio del proprio paese più di uno nato lì”. Riferimento a Solbakken, che già nel 2012 era vicino alla nazionale: ha scelto però il Colonia e sulla panchina della Norvegia era rimasto Egil Drillo Olsen. Ma ora è libero.
Lagerbäck o non Lagerbäck, si ripartirà dal 36enne Jarstein (nonostante sia riserva all’Hertha Berlino). Pare finito il ciclo dei reduci della nazionale che all’Europeo U21 del 2013 ottenne il bronzo: Omar Elabdellaoui, Marcus Henriksen, Stefan Johansen e Joshua King, che però potrebbe rimanere come alternativa a Håland e Sørloth. L’ex Lecce Tore Reginiussen potrebbe fare spazio Sigurd Rosted (Brøndby) o Leo Østigård (Coventry) o ancora Marius Lode, pilastro difensivo del sorprendente Bodø/Glimt incontrato dal Milan nelle qualificazioni all’Europa League. Sì a Kristoffer Ajer, non l’ex Palermo e Amiens Aleesami, sostituibile da Birger Meling. Via Henriksen, come detto, si va verso Normann titolare ed è possibile pure il ricorso da titolare a Jens Petter Hauge, autore di gol e assist a San Siro col sopracitato Bodø e oggi acquistato dai rossoneri.
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