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Nel segno del tridente, parte 1

Se c’è un modo di raccontare quella che rischia di esser la partita dell’anno, quello sarebbe una sorta di elenco stilato per elencare le varie palle-gol. In modo rapido, veloce, così come il campo le ha viste accadere. Da una parte, poi dall’altra: continui capovolgimenti di fronte, sempre emozioni, mai un attimo di pausa. Il calcio spettacolo nella sua accezione più mistica lo si fa storicamente risalire al totaalvoetbal in salsa oranje. In Olanda, proprio dove in mezzo ai tulipani è germogliata anche una filosofia calcistica destinata a sconvolgere il mondo, l’altra sera ci è stata regalata una notte di gala. La data simbolo di questa rivoluzione la si fissa al  1974, in concomitanza col mondiale in Germania, ovvero con la Clockwork Orange sconfitta in finale dai padroni di casa tedeschi. Tra i vari club che presero appunti dal 4-3-3 e dai movimenti di RepCruijffResebrink, troviamo il Real Madrid e l’Ajax. Tralasciando i primi, che si trovano in una posizione agiatissima dopo il 3-0 del Bernabeu ai danni degli odiati cugini colchoneros e hanno in mano il pass per Cardiff, è sui secondi che voglio focalizzarmi.

Dopo la morte di Rinus Michels, nel 2005, alcuni tifosi dell’Ajax tentarono di convincere l’amministrazione dello stadio a dargli il nome proprio per ricordare quella mente geniale dalla quale era scaturita l’idea del “calcio totale”. Gli amministratori respinsero la proposta, ma da allora ad ogni partita casalinga dei lanceri  appare quasi sempre uno striscione su cui c’è scritto Rinus Michels Stadion. Nel 2016, il 24 marzo, un altro cardine di quella generazione che fece la storia se n’è andato: non uno dei tanti, ma probabilmente il volto più noto e simbolico di quella squadra, Johan Cruijff. Al pari di quanto accaduto con Michels, anche questa volta il furor di popolo si è sentito in dovere di alzare la voce in nome della causa di un cambio di denominazione di uno stadio. Se per Rinus il discorso aveva coinvolto principalmente l’Amsterdam ArenA, per l’eterno numero 14 ci siamo spostati per un attimo a Barcellona. Il Camp Nou, le cui gioie degli ultimi sono proprio imputabili agli avveniristici insegnamenti della “gallina de piel“, è stato subissato da una foga arancione che chiedeva a gran voce di dedicargli l’impianto. Alla fine, è di un mesetto fa la notizia che il Barça ha presentato il progetto per l’Estadio Johan Cruyff: non per la prima squadra, ma per la squadra B. Non per i blaugrana ma per la Cantera, quella che più di ogni altro l’olandese aveva considerato fondamentale nel progetto. Insomma, niente campo principale ma impianto B e statua: un compromesso che a tratti parrebbe pure sensato.

Ad Amsterdam, tuttavia, la figura di Cruijff è stata ben più pianta al momento della sua scomparsa. Se ogni barcelonista si è sentito in dovere di dare il suo ultimo saluto ad una leyenda, nella capitale olandese una sorta di lutto nazionale non scritto ha riempito varie giornate restituendo un’atmosfera testa e di vuoto. E una delle principale conseguenze di ciò è la marea umana che ha preteso la ridenominazione dell’Amsterdam ArenA a Johan Cruijff ArenA. E l’hanno ottenuta: il 25 aprile, mentre noi italiani festeggevamo la liberazione dal tragico periodo fascista, loro plaudivano l’ufficialità del comunicato. Nell’esatto giorno in cui il campione avrebbe compiuto 70 anni, uno storico passaggio di testimone ha sconvolto in positivo le cronache nazionali. “La grandezza di Johan – si legge – era su più piani: come calciatore, allenatore e anche come benefattore”. E anche l’Ajax ha voluto affidare un pensiero al suo sito ufficiale: in fondo, Hendrik Johannes Cruijff è uscito dalle giovanili ajacidi e in biancorosso ha giocato 339 partite ad inizio carriera e 36 tra 1981 e 1983, prima del passaggio ai rivali del Feyenoord. Un tradimento che non è considerato come tale in quanto concesso d’emblée ad un personaggio al quale andava permessa ogni cosa in nome della sua grandezza. E sulla ridenominazione: “Questo è il modo migliore per onorare la memoria di Johan, nella speranza che giocare nell’impianto a lui intitolato sia fonte d’ispirazione per i giocatori provenienti da tutto il mondo”.

Il primo match europeo che la futura Cruijff ArenA ha ospitato (il nome cambierà in via ufficiale nel prossimo autunno, sebbene già la si chiami in questo modo) è stato Ajax-Olympique Lyonnais del 5 maggio 2017. Una gara che, anticipata di un giorno a  causa delle contemporanee manifestazioni commemorative del secondo dopoguerra ad Amsterdam, ha visto i Lancieri trionfare con un 4-1 sonoro ai danni della truppa francese. Certamente, il modo migliore per inaugurare il “nuovo” stadio. Sono circa 1500 i chilometri che separano in media l’Amsterdam ArenA dalla Friends Arena di Solna, Stoccolma. In volo, ci si mette poco meno di due ore. Che ovviamente, a meno di stupefacenti e al momento improbabili comeback, o remuntade se preferite l’accezione spagnola, saranno il lasso di tempo più felice della storia recente dell’Ajax. Togliendo i quarti raggiunti in Champions 2002-03 e scegliendo di non rispolverare gli ultimi anni del 1900 (con annessa Coppa dalle grandi orecchie sollevata e ottimi piazzamenti raggiunti nei gloriosi anni ’90), era da un po’ che non si andava così avanti in un trofeo continentale. Pur se quello sulla carta minore, ovvero la tanto bistrattata Europa League.

Matteo Albanese

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