Calcio

Nazionale, colpa di Spalletti e Gravina? Cosa dicono i numeri

Nazionale, Gravina, Spalletti e Under 19? Mentre il calcio italiano si interroga sul presente, che vede gli azzurrini inseguire il sogno europeo, i numeri dicono che il sistema non funziona: è il secondo periodo più buio del nostro calcio.

Spalletti, Gravina, nazionale e problemi del nostro calcio

Il fallimento a Euro 2024 è riconducibile, senza se e senza ma a Luciano Spalletti e a Gabriele Gravina che lo ha scelto? Al netto della figuraccia maturata in Germania, perché c’è modo e modo di perdere, magari non essendo umiliati dalla Svizzera, esistono alcune attenuanti: non è solo colpa di Ct e presidente FIGC se il bacino di italiani è ridotto al 33% e l’Italia come valorizzazione dei giovani è davanti solo a Grecia e Turchia. La Federazione non può, come nel 1966, impedire alle squadre di acquistare giocatori stranieri e di limitarne il numero. Con quel metodo draconiano i risultati arrivarono non perché non ci fossero stranieri ma perché dal 1970 al 1980 l’Italia visse un boom economico capace di rendere il nostro campionato l’epicentro del mondo.

Spalletti, fra i suoi slogan, aveva un mantra: “uomini forti, destini forti, uomini deboli, destini deboli”. Si potrebbe traslare anche al campionato. La Premier League, da quando è un campionato forte, ha una nazionale competitiva come mai era stata dal 1970 al 1990. Esattamente come lo è stata l’Italia negli anni 80-2000 quando la serie A era il campionato migliore del mondo. Dunque ispirarsi alla Premier, senza averne i mezzi, gli investitori le strutture e i soldi, sembra un esercizio di ottimismo esagerato.

Gravina e il modello spagnolo, francese e tedesco

Immagine | Epa

Dunque si deve studiare una alternativa, magari osservando al di là delle Alpi perché è evidente che nel contesto dell’Europa Unita e del libero mercato provvedimenti restrittivi siano impensabili. Fra l’altro in Italia, dove non vige lo Ius Soli, Yamal non giocherebbe in nazionale. In generale i numeri premiano il sistema francese e spagnolo capaci di vincere solo nel XXI secolo. La Francia ha posto le basi nel 1998 con la mescolanza etnica, che apre un bacino pressoché illimitato in patria e non solo.

La Spagna utilizza le squadre B e lavora sulla “cantera” in modo da lanciare subito i giovani validi nel calcio che conta senza perdere tempo nei campionati Primavera. Il modello tedesco si basa sulla sostenibilità economica e la valorizzazione dei vivai attraverso la creazione di centri federali dove far crescere una società multietnica. E In Italia? C’è un solo centro federale, nato nel 1957 e dopo il ko a Euro 2024 si cerca la collaborazione fra Serie A e Nazionale proprio mentre la Lega serie A prova ad affrancarsi dalla FIGC. Non esattamente un buon inizio per ricominciare.

Pasquale Luigi Pellicone

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