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Mondiale alla lavagna – Muro Russia, lentezza spagnola. E la Croazia…

Spagna – Russia 1-1 (4-5 d.c.r.)

Miracolo Russia, naufragio Spagna. La prima grande sorpresa degli ottavi di finale è stata al Luzhniki, con i padroni di casa capaci di eliminare una delle favorite ai rigori con le parate di Akinfeev. Anche se, per la verità, è altrettanto corretto pensare che la squadra di Hierro si sia auto-eliminata con delle scelte folli e un’interpretazione della gara pessima. Troppi passaggi in orizzontale, pochissima verticalità e nessun supporto a Diego Costa, sempre osservato dai tre centrali della Russia senza alcun pericolo e nessuna distrazione. La Spagna è andata tantissime volte sugli esterni, ha cercato una circolazione perimetrale, ma non è mai arrivata pericolosamente al cross. E quando ci ha provato (soprattutto con palloni bassi) ha sempre visto respinti i tentativi.

La principale chiave che ha condotto al disastro spagnolo è la posizione di Koke, rimasto sempre troppo basso, addirittura in svariate azioni offensive più basso di Busquets, e non si è mai inserito vicino a una punta. Soltanto i trequartisti sono riusciti in momenti diversi a dare un minimo di supporto a Costa, ma senza garantire la fisicità che avrebbe potuto dare il centrocampista dell’Atlético Madrid. Che ha giocato, di fatto, da mediano aggiunto vicino a Busquets. Anche snaturandosi, per certi versi. La Russia si è difesa con 10 uomini, punta compresa, e non ha concesso spazi tra le linee. Ma i fantasisti spagnoli quegli spazi nemmeno li hanno cercati. Soltanto Isco ha provato a dare verticalità alla squadra, facendo però troppo poco. E ai rigori si è consumato il dramma. E la festa russa.

Croazia – Danimarca 1-1 (4-3 d.c.r.)

Così come la Spagna, anche la Croazia ha rischiato di dover uscire agli ottavi in un match in cui partiva da favorita. E allo stesso modo degli iberici ha anche rischiato di dover recriminare con sé stessa. Non solo per il rigore di Modric, ma anche per una prestazione decisamente sotto tono del reparto offensivo. E l’uomo chiave è sempre il 10 del Real Madrid. Contrariamente alle sfide con Argentina e Islanda, in cui ha agito da trequartista vero e proprio, contro la Danimarca Modric ha giocato quasi da interno di centrocampo. Spesso si è però trovato ad abbassarsi troppo, come nella situazione presa in esame.

I compiti di impostazione sono toccati a lui, mentre invece il regista designato della squadra era Marcelo Brozovic (infatti sostituito per primo). Tra le linee è però venuto a mancare un riferimento, qualcuno che facesse movimento. Nemmeno Mandzukic ha agito da prima punta classica, non ha mai giocato di sponda, si è mosso troppo sul fronte per provare ad aprire spazi che nessuno poteva sfruttare. E le soluzioni hanno scarseggiato: Rakitic è rimasto troppo passivo e poche volte è stato incisivo in fase di possesso, Perisic ha sempre aspettato palla larga, Rebic ci ha provato ma da solo non poteva fare molto. E così si è passato spesso dai terzini, chiamati a uno contro uno non nelle loro corde. La fase offensiva ha latitato. Fortuna che ai rigori è arrivato Subasic.

Giorgio Dusi

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