L’Inter sbanca l’Allianz Arena con una prova di cuore e carattere. Frattesi segna il gol della vittoria e zittisce (anche me). Una notte da Mourinho, una squadra da leggenda
Succede qualcosa quando vedi l’Inter in una notte d’Europa. Il cuore batte più forte, la voce si fa roca, il tempo si ferma. All’Allianz Arena, contro una delle squadre più arroganti e forti del continente, l’Inter ha fatto l’Inter. Come nel 2010, ma con più sofferenza. Come nel 2010, ma con più coraggio. Come nel 2010, ma con più cuore.
Perché vincere a Monaco non è solo una questione tecnica. È psicologica. È come guardare un film di guerra dove sei il protagonista e tutti gli altri sono contro di te. Il Bayern ha pareggiato con Müller a pochi minuti dalla fine, lo stadio è esploso, sembrava il preludio al crollo. Ma invece no. L’Inter ha reagito, ha alzato la testa, ha guardato negli occhi la paura e le ha detto: “Non oggi”.
Davide Frattesi, ti devo delle scuse. Te le devo pubblicamente, da interista e da giornalista. Quando ho scritto che “non eri da Inter” mi riferivo a quella versione confusa, frenetica, poco lucida che ogni tanto mostravi in campo. Ma ieri sera, al minuto 89, hai fatto una cosa che è da Inter più di qualsiasi giocata stilosa: hai avuto fame.
Hai aggredito l’area come un attaccante vero, hai anticipato tutti, hai messo il corpo, il cuore, l’anima. Hai segnato un gol pesante, fondamentale, leggendario. E lo hai fatto nel momento più difficile, quando anche i più ottimisti avevano accettato il pareggio. Hai dimostrato che non conta come arrivi, ma dove decidi di esserci. E tu, Davide, ieri sera c’eri eccome.
Il Bayern ha dominato il possesso, ha tirato, ha spinto. Ma l’Inter non si è mai disunita. Ha fatto una partita sporca, cattiva, cinica. Ha resistito alla spinta di uno stadio che sembrava un’arena romana e ha colpito quando doveva colpire. Lautaro e Thuram hanno lavorato per due. Barella sembrava indemoniato. Calhanoglu ha messo ordine nel caos. E Bastoni, signori, Bastoni ha fatto una partita che non si insegna, si vive.
E poi Sommer. Che para tutto. Anche le paure. Anche i ricordi. Anche i rimpianti. Con lui tra i pali, l’Inter parte sempre da un vantaggio psicologico. E Simone Inzaghi? Dopo Parma, molti chiedevano il processo. Ma questo è il calcio. E ieri sera Simone ha risposto con una lezione di gestione, di coraggio, di Interismo puro.
Non è finita, certo. Manca il ritorno. Ma vincere così, in Germania, con il Bayern, al minuto 89, vuol dire solo una cosa: questa squadra ha dentro qualcosa che brucia. Una fiamma che viene da lontano, da Istanbul, da Madrid, da Kiev. Una fiamma che accende i sogni, che scalda le notti d’Europa.
Il Triplete non è un tabù. È un’idea. Un’ambizione. Un’ossessione che, se canalizzata bene, diventa forza. E l’Inter, oggi, ha la forza e la mentalità per arrivare in fondo. Lo sanno anche i bavaresi. Lo sa Muller. Lo sanno tutti.
Ci vediamo a San Siro. E guai a chi ci tocca il sogno.
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