Sabre Dance, in italiano danza delle sciabole, è il movimento più importante di Aram Chacaturjian, storico compositore e pianista sovietico di origine armene. La composizione, presente all’interno dell’atto finale del balletto Gayane, rappresentato per la prima volta il 9 dicembre 1942, è la più famosa della carriera dell’autore ed è tra i brani più noti del Novecento. Per quasi tutte le generazioni basta ascoltarn qualche nota per ricollegare il movimento a una pubblicità, alla colonna sonora di un film o di una serie TV o ancora alla replica di qualche artista.
E se applichiamo il concetto di artista anche ai calciatori, per un tifoso dello Shakhtar Donetsk deve essere facile collegare il movimento a Henrikh Mkhitaryan. La tradizione della squadra ucraina vuole infatti che a ogni gol di un calciatore straniero, alla Donbass Arena risuoni una canzone collegata alle sue origini. Quella di Mkhitaryan quando vestiva la maglia dello Shakhtar era proprio Sabre Dance, in pochi anni riscoperta e trasformata in una hit dai tifosi ucraini grazie alle 23 reti dell’armeno in casa. Poco più della metà dei gol realizzati dal trequartista con la maglia dei “minatori” (44) in 104 presenze, in cui ha collezionato anche 23 assist.
Alla Donbass Arena, in cui non è più tornato da avversario, non tornerà più perché l’impianto è stato danneggiato da due bombe il 23 agosto 2014. E dubitiamo comunque che in caso di gol dell’armeno sarebbe partita Sabre Dance.
Il legame di Mkhitaryan con lo Shakhtar è però qualcosa di più profondo. Il club e, in particolare Mircea Lucescu, puntarono su di lui nell’estate del 2010 sborsando circa 7 milioni di euro per prelevarlo dai rivali del Metalurg Donetsk e, dopo un primo anno di ambientamento, vennero ripagati con gli interessi. Nella seconda stagione con i minatori Mkhitaryan raggiunse quota 10 gol e 7 assist nella massima divisione, ma è con quella del 2012/13 che si presentò all’Europa come miglior calciatore del campionato.
L’esordio in Champions League era già arrivato, ma è contro il Nordsjaelland che l’armeno mette a segno la sua prima doppietta in Europa. Leggermente meglio in Prem”jer-liha in cui Mkhitaryan distrugge ogni record precedente e stabilisce quello di 25 gol (e 9 assist), che fanno di lui il miglior realizzatore della storia in un singolo campionato ucraino. Il resto della carriera è noto a tutti: il passaggio al Borussia Dortmund e la conseguente consacrazione in Germania, gli alti e bassi con Manchester United e Arsenal in Inghilterra e la “rinascita” alla Roma.
Roma che incontra da avversario una sola volta, nella sua prima fase a eliminazione diretta in Champions League con la maglia dello Shakhtar l’8 marzo di dieci anni fa e che non potrà aiutare questa sera contro la squadra che lo ha presentato al calcio europeo. Dieci anni più tardi Mkhitaryan ha conquistato trofei ovunque, ha vinto per dieci volte il titolo di Giocatore armeno dell’anno, ed è il capitano della nazionale armena nonché il calciatore più prolifico e forte della storia del paese.
In pochi sanno che Henrikh Mkhitaryan è figlio d’arte, di Hamlet Mkhitaryan, e che il padre era tra i più forti calciatori armeni degli anni ’80-’90, ma la sua storia è così complessa e condizionata da fatti storici che merita una trattazione separata. Per i curiosi segnaliamo l’interessantissima puntata numero 4 – Mkhitaryan e la diaspora degli armeni – del podcast di Dario Saltari “Trame”.
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