Il cammino dei campioni è durato poco, o quasi niente. Il tempo di illudere il calcio internazionale che i colori colombiani potessero invadere questa Sudamericana per poi svanire a causa di un uragano, anzi un ciclone, un ciclone che porta gli stessi colori di quello più famoso ma che fa sventolare sopra di sé la bandiera del Paraguay e porta il nome di Cerro Porteño.
Che impresa quella del Cerro, squadra data per spacciata dopo essersi inchinata sul 2-0 al Campin una settimana fa, squadra definita senza risorse da chi non aveva fatto i conti col cuore e la grinta paraguayana. Al Ciclon de Barrio Obrero serviva un miracolo che consisteva nel segnare 3 gol (2 per andare ai rigori) senza subirne alcuno alla squadra che l’anno scorso alzò questa Copa Sudamericana al cielo, un capolavoro solo a pensarlo.
Eppure in campo le cose erano cominciate bene: 3-0 Cerro all’intervallo e qualificazione sempre più vicina. La prima frazione di gioco è un esempio di calcio cinico, divertente e grintoso che in pochi si sarebbero aspettati. Tutto però poteva svanire per quel calcio di rigore di Jonathan Gomez, l’uomo della doppietta all’andata, un incubo ormai per i colori azulgrana.
Ma in Sudamerica non tutto accade per caso: il Cerro Porteño si aggrappa alla fede e alla speranza e come una stoccata arrivata dal cielo ecco il destro di Cecilio Dominguez, l’ex gioiellino del Sol de América che ha trovato anche la prima presenza in nazionale sboccia il suo tiro e regala l’impensabile 4-1 quando le lancette stavano per concludere il novantesimo giro.
È una grande favola di coraggio, di fede e di volontà: il Cerro Porteño riesce in un’impresa immortale che darà sicuramente morale per il cammino in Copa Sudamericana. Il quadro dei quarti di finale non sarà a forti macchie colombiane come ci si aspettava ma avrà ancora un’orgogliosa bandiera paraguayana a sfidare i campioni della Colombia in carica, l’Independiente Medellin. Un’altra impresa tutta da vivere assieme al cuore del Ciclon.
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