Stasera il Milan gioca il derby di Coppa Italia. Non per rovinare i sogni dell’Inter, ma per ricordare a se stesso chi è. E chi non può più permettersi di dimenticare di essere
Diciamolo subito: godere delle disgrazie altrui è roba da provinciali. E il Milan, che ha vinto tutto, non è mai stato una provincia del calcio. In queste settimane ho sentito troppi tifosi sussurrare che, in fondo, se l’Inter dovesse fallire il Triplete, qualcosa da salvare ci sarebbe. Una piccola rivincita, un dispetto ben assestato. No.
Questa è una stagione da dimenticare. E pensare che possa diventare meno amara solo perché i cugini magari inciampano è il vero fallimento.
Stasera si gioca un derby che vale una finale. E se il Milan deve vincerlo, non dev’essere per impedire ai nerazzurri di sollevare tutto ciò che trovano sul cammino. Deve vincerlo perché è il Milan.
E il Milan, quando arriva in semifinale, deve giocare per vincere. Per alzare un trofeo. Per guardare la propria storia negli occhi senza abbassare lo sguardo.
Sì, a inizio anno abbiamo vinto la Supercoppa. E proprio contro l’Inter, con quel gol di Abraham al 90’ che sembrava il preludio a un’annata diversa. E invece no. La stagione ha preso una piega che nemmeno i più pessimisti avrebbero potuto immaginare. Cambi di allenatore, una squadra mai vera, un’identità mai ritrovata.
Eppure stasera, contro l’Inter in corsa per tutto, abbiamo una possibilità. Forse l’ultima. Ma ancora nostra.
Non può bastare rievocare Maldini, Sheva, Kakà. Non possiamo continuare a vivere nel museo dei ricordi. Il Milan deve tornare ad avere fame. Deve entrare in campo per imporre, non per disturbare. Deve smontare il gioco dell’Inter, non sperare che vada in corto da sola. Deve farlo per dignità. Per orgoglio. Per sé stesso.
Non per i cugini. Ma per noi.
Il Milan, oggi, non è solo in crisi tecnica. È in crisi d’identità. In campo, spesso, i giocatori sembrano spettatori. In panchina, Conceição agisce ma non comunica. E la dirigenza — Ibra compreso — è più immagine che sostanza.
Chi ricorda davvero cosa significa vincere da Milan? Chi ha il coraggio di dirlo, di mostrarlo, di urlarlo?
Stasera c’è un derby. Ma soprattutto c’è un’opportunità. Di tornare a parlare un linguaggio che è nostro. Di ricordare a Leao, a Theo, a Maignan, che non si gioca per contenere. Si gioca per dominare.
E a chi in queste ore sogna solo di vedere l’Inter fallire, io rispondo:
“Che gusto c’è a ridere della caduta degli altri, se siamo già a terra anche noi?”
Vincere stasera non salverebbe la stagione. Ma salverebbe qualcosa di più importante: la memoria. La memoria di ciò che siamo stati, e che dobbiamo tornare a essere.
Non si vince per umiliare. Non si gioca per dispetto. Si gioca per onorare la maglia. Per alzare un trofeo. Per far capire, a noi e al mondo, che il Milan non si spegne mai davvero.
E allora sì, stasera in campo con rabbia. Ma con eleganza. Con intelligenza. Con cuore.
Perché il Milan può anche cadere. Ma quando si rialza, fa tremare tutto.
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