Il Milan di Fonseca cade nella prima trasferta stagionale. Un punto in due partite, quanto basta per aprire la crisi in casa rossonera. 180’ di gioco, con il mercato ancora in corso, sono pochi per mettere in discussione l’allenatore ma sufficienti per sollevare qualche dubbio sulla nuova gestione.
Fonseca ha iniziato con il piede sbagliato. Nessun allenatore del Milan, nell’ultimo decennio, era partito così male. Anche Giampaolo, che ha chiuso in rossonero la sua esperienza dopo 180 giorni, aveva accumulato più punti del tecnico portoghese. Esattamente come Pioli, Montella e Gattuso. Il Milan non iniziava in campionato così lentamente dal 2011 quando c’era Allegri. In quel caso, perlomeno, gli avversari erano più consistenti, con tutto il rispetto per Torino e Parma. Il tecnico livornese pareggiò con la Lazio e perse con il Napoli. Per trovare un approccio peggiore occorre tornare indietro e fermare le lancette del tempo al 2008, quando la squadra rossonera collezionò due sconfitte contro Bologna e Genoa. In ogni caso, i precedenti, seppur scoraggianti, non sono drammatici. In entrambe le occasioni il Milan arrivò a centrare il piazzamento Champions.
Al netto delle oggettive difficoltà di Fonseca, i numeri dicono che i problemi del Milan arrivano da lontano. È vero che l’ex tecnico della Roma ci abbia messo nel suo, con una fase difensiva perlomeno discutibile che ha generato un (bel) po’ di confusione, ma è altrettanto innegabile la fragilità di una squadra incapace di trovare continuità di rendimento da diversi mesi e priva della personalità necessaria per imporsi. La sensazione è che serva sempre lo “schiaffo” per destarsi dal torpore. La reazione, più di nervi che di gioco, è stata sufficiente contro il Torino ma non è bastata con il Parma dove sono riemersi fantasmi di un passato legato evidentemente alla effettiva qualità di chi scende in campo.
Il cambio della guida tecnica e l’arrivo di Ibrahimovic nel ruolo di dirigente sembravano aprire scenari differenti dal passato. La realtà è che Fonseca non ha la bacchetta magica e Ibrahimovic non può scendere in campo per spostare gli equilibri. L’ambientamento di entrambi, nei rispettivi ruoli, non può né deve trasformarsi in un alibi per nascondere la polvere sotto il tappeto. La scialuppa arriva da un campionato dove quasi tutte le contendenti per un posto in Champions (pensare ad altro è un esercizio di ottimismo esagerato) sono imperfette. Il cantiere è aperto, ma va chiuso in fretta per consegnare un Milan degno a lungo termine, dignitoso nell’immediato.
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