Dopo l’ammutinamento durante il cooling break del 31 agosto all’Olimpico contro la Lazio di Theo Hernandez e Rafael Leao, c’è un altro atto di disobbedienza nei confronti di Paulo Fonseca
Il Milan è ripiombato nel caos. È bastato il crollo improvviso di Firenze, dopo tre vittorie di fila in campionato, per accorgersi della classica polvere nascosta sotto il tappeto. I rossoneri hanno perso l’occasione di arrivare alla seconda sosta del campionato a 14 punti insieme all’Inter, a sole due lunghezze dalla capolista, il Napoli di Antonio Conte. Invece, dopo l’ammutinamento durante il cooling break del 31 agosto all’Olimpico contro la Lazio di Theo Hernandez e Rafael Leao, c’è un altro atto di disobbedienza nei confronti di Paulo Fonseca. Si sta parlando del rigorista. Il tecnico portoghese lo ha ribadito anche durante l’intervallo della sfida di Firenze, non soltanto a fine gara: dagli 11 metri si deve sempre e solo presentare Pulisic.
Invece, all’Artemio Franchi ha visto prima tirare Theo Hernandez, quando mancava un minuto all’intervallo, poi Abraham. Con tanto di palla consegnata da Tomori all’attaccante con leggera spinta a Pulisic. Come dire: “Il rigore lo tira Tammy, lo decido io”. Morale: sia il terzino francese sia l’attaccante inglese si sono visti parare i rispettivi tiri da de Gea gettando all’aria una vittoria. Contro il Venezia il 14 settembre il primo penalty lo aveva tirato proprio Pulisic. Il secondo, invece, era stato lasciato ad Abraham perché il punteggio era già al sicuro sul 3-0. Inoltre, l’ex giallorosso era ancora a secco e desiderava segnare il suo primo centro in maglia rossonera. Ma la questione rigoristi a Firenze è soltanto l’ultimo abbaglio di una lunga serie fatto da dirigenti e calciatori. Andiamo con ordine e ricostruiamo tutte le tappe di questo caos.
Nessuno ce l’ha con Paulo Fonseca, chiariamo. Ma la questione va analizzata dalla parte della dirigenza. Hanno scelto il portoghese dando la sensazione di non avere una visione comune, al di là delle dichiarazioni di facciata, anche di Zlatan Ibrahimovic, apparso molto aziendalista e anche assente nel controllare certe dinamiche societarie. Il Milan aveva scelto Julen Lopetegui, ma su di lui c’è stato un repentino dietrofront per la quasi sommossa popolare del tifo caldo rossonero. Il nome forte era Antonio Conte, ma in via Aldo Rossi hanno dimostrato di avere un po’ di timore al suo cospetto perché spaventati dalla sua personalità e dalle sue richieste di mercato. Ma solo con lui questo Diavolo poteva volare. Vedere la classifica attuale con il Napoli in testa.
Non solo la panchina. Il casting c’è stato anche in attacco per trovare il sostituto di Giroud. Che, visto come è andata con la scelta del tecnico, non poteva che essere sbagliata. Per settimane il Milan ha seguito Sesko (ha rinnovato con il Lipsia), Guirassy (andato al Borussia Dortmund), Lukaku (ha raggiunto Conte al Napoli), Dovbyk (ha preferito la Roma) e Fullkrug (volato al West Ham, in Premier). Morale: i rossoneri hanno preso Morata dall’Atletico Madrid e Abraham dalla Roma.
Nella conferenza della vigilia di Fiorentina-Milan, Fonseca ha cercato di difendersi alla domanda sulla cessione di Kalulu. Ha spiegato che è stata importante anche la volontà del francese di andare via. C’è perplessità sulle sue parole. In realtà, Kalulu sarebbe rimasto al Milan e soltanto dopo cinque lunghi giorni di riflessione ha detto sì alla proposta della Juventus. Anche perché si è accorto che restare a Milanello non avrebbe regalato la felicità alla dirigenza rossonera. Quindi, addio. Ma è stato svenduto (riscatto a 14 milioni di euro). Ed è arrivato lo sciagurato Emerson Royal.
Un episodio gravissimo – ed è stata clamorosa la scelta della società di non multare i due protagonisti – è accaduto il 31 agosto all’Olimpico durante Lazio-Milan, match terminato poi 2-2. Durante il cooling break, nella ripresa, Theo Hernandez e Rafael Leao non seguono i compagni di squadra verso la panchina per ascoltare Fonseca. Due così, nell’epoca d’oro del Diavolo, sarebbero finiti fuori rosa e sul mercato il giorno dopo.
Le disattenzioni del reparto arretrato sono tantissime e anche pesantissime. In sette gare di campionato il Milan ha subito nove gol. A Firenze è stato davvero un film horror. Emerson Royal e Tomori sono stati i peggiori in campo. E non è la prima volta. Forse i tifosi rossoneri hanno finalmente capito perché l’ex c.t. dell’Inghilterra, Gareth Southgate, non ha quasi mai convocato Tomori. E cosa dire del terzino brasiliano? Non è più una questione di ambientamento. Il problema è proprio tecnico.
Quanto accaduto a Firenze, durante la gara con la Fiorentina, è qualcosa di clamoroso. Da quanto trapela dalle ultime indiscrezioni, si tratta molto probabilmente di una gestione anarchica della situazione e si può vedere come un atto di disobbedienza nei confronti di Fonseca. Il primo penalty è stato tirato (e sbagliato) da Theo Hernandez; il secondo da Abraham e anche l’inglese se lo fa parare dal bravissimo de Gea. Fonseca a fine gara è furioso, tanto da rivelare una cosa clamorosa: “Il rigorista è Pulisic, non so perché i giocatori abbiano cambiato idea. Gli ho parlato e ho detto che non deve succedere più”, le sue parole a Milan Tv. Parole, in realtà, dette a fine primo tempo. Quindi, non è stato ascoltato a inizio ripresa in occasione del secondo rigore fischiato dall’arbitro Pairetto per un fallo di Kean su Gabbia.
Lo diciamo noi senza giri di parole: il capitano deve essere Gabbia. Cresciuto nel vivaio e milanista fino al midollo. Con lui non dovrà essere fatto lo stesso errore commesso con Tonali. Ceduto, al di là della questione scommesse, per soldi e non di certo per un progetto tecnico. In generale, il capitano deve fare le veci dell’allenatore in campo. Quindi, perché Theo Hernandez non è intervenuto quando Tomori ha consegnato la palla ad Abraham e non a Pulisic? Questo mancato intervento è uno dei tantissimi motivi che spiegano il perché il terzino francese non può fare più il capitano del Diavolo. Adesso la domanda è solo una: la lezione sarà servita a tutti?
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