Il portoghese potrebbe essere il nome giusto per il post Pioli. Da Kilpin passando per Tabarez e Sinisa Mihajlovic, ecco i risultati degli allenatori stranieri sulla panchina rossonera
Il Milan sembra puntare su Sergio Conceiçao per il dopo Pioli. Il tecnico del Porto dovrà affrontare la questione con il neo presidente del club lusitano André Villas-Boas, che nei suoi primi giorni di lavoro come numero uno della società, cercherà di comprendere le intenzioni dell’ex collega. Dal Portogallo arrivano voci contrastanti, chi dice che non ci sarà nessun confronto sul futuro, chi parla di un possibile faccia a faccia, con l’ex esterno di Lazio e Inter che potrebbe puntare i piedi per volare a Milano, questa volta, sponda rossonera. Un profilo che piace, o almeno, non ha ricevuto l’ondata di critiche come è stato per Lopetegui, perché Conceiçao ha già dimostrato di essere un leader, con una discreta esperienza internazionale, ma che soprattutto sa valorizzare i suoi giocatori, caratteristica cara ai vertici di via Aldo Rossi.
Chiedere a Vitinha, che con lui ha cominciato dal Porto B per arrivare a essere titolarissimo al Psg (con 40 milioni nelle casse dei portoghesi), o ancora Luis Diaz, arrivato da semi sconosciuto e venduto al Liverpool per circa 45 milioni di euro, Eder Militao, ceduto al Real Madrid per 50 milioni, e Otavio, anche lui cresciuto al do Dragão per finire a suon di petroldollari in Arabia Saudita. Da valutare relativamente all’attuale tecnico del Porto c’è sicuramente c’è il fattore caratteriale, il portoghese ha dimostrato spesso di voler avere voce in capitolo sulla gestione del club. Caratteristica che ha fatto storcere il naso a Milanello, e che sarà passata sotto la lente di ingrandimento della dirigenza in questi giorni.
Detto di Conceiçao, sembra che il Milan per valutare chi dovrà sedere sulla panchina la prossima stagione al posto di Stefano Pioli stia pescando solamente da allenatori provenienti dall’estero, una situazione che alla Gazzetta dello Sport Fabio Capello ha commentato così:
“Chi è arrivato da fuori a vincere in Italia? Liedholm, Boskov, Eriksson: pochi esempi e oramai datati. Dal 2000 solo Mourinho. Qualcosa vorrà pur dire. Si guarda fuori quando in casa abbiamo Thiago Motta, che è pronto per le big. Lo stesso Gasperini: non è un anno che balla, sono anni che lo fa. E ogni volta riesce a dare qualcosa in più alla squadra, si rinnova costantemente riuscendo a essere sempre competitivo. Per le capacità che ha meriterebbe qualsiasi panchina importante”.
Le parole di Capello hanno effettivamente un certo senso se si analizza la storia del Milan, dove, con qualche eccezione, gli allenatori stranieri non hanno lasciato grandissimi ricordi al Meazza. Andiamo con ordine quindi e partiamo dal primo. Herbert Kilpin che il Diavolo lo ha fondato, giocando anche una ventina di partite con tre scudetti vinti nelle vesti di allenatore giocatore dal 1900 al 1906. Passano diversi anni, e a condurre il Milan troviamo Jozsef Banas, il decimo allenatore più presente della storia del Milan. Nato a Budapest, dopo aver vestito la maglia rossonera da giocatore, si siede sulla panchina del Diavolo in due diverse tranche, dal 1931 al 1933 e dal 1937 al 1940. Tra Kilpin e Banas sono anni in cui diversi stranieri siedono sulla panchina rossonera, dagli austriaci Ferdi Oppenheim e Engelbert König, all’inglese Herbert Burgess all’ungherese József Viola. Nel mezzo c’è stato anche William Garbutt, inglese di Hazel Grove, che fece la fortuna del Genoa.
Celebre soprattutto per l’anatema contro la squadra con cui vinse due coppe dei Campioni, il Benfica, prima dell’avventura portoghese Béla Guttmann ha allenato il Milan per quasi due stagioni intere. La prima nel 1953-54, insieme ad Arrigo Morselli, la seconda la stagione successiva, poi sostituito da Héctor Puricelli, che alla fine dell’annata vinse il titolo. Bisogna attendere quasi dieci anni poi per ritrovare uno straniero alla guida del Diavolo, e non è un nome qualunque, ma la leggenda Nils Liedholm. Vincitore di quattro scudetti da giocatore, nelle vesti di tecnico ha portato lo scudetto della prima stella sulla sponda rossonera nel Naviglio, arrivando a guidare 280 volte il Milan in carriera.
Dopo lui, però, gli stranieri non hanno grande fortuna, e dobbiamo ricordare anni difficili per il Milan. Nell’estate del 1997 sulla panchina arriva Tabarez dopo cinque anni di Capello. Mercato importante (almeno sulla carta), con la voglia di aprire un nuovo ciclo dopo quello concluso dall’allenatore friulano. Un inizio da incubo, ko in Supercoppa con la Fiorentina e quattro sconfitte nelle prime undici giornate gli valgono l’esonero, non così frequente nella storia rossonera soprattutto durante gli anni di Silvio Berlusconi. Ma il Cavaliere ci casca di nuovo, e qualche anno dopo, siamo nel 2001, arriva a Milanello Fatih Terim, che dura una decina di giornate, esonerato dopo un ko in trasferta con il Torino. Nessun buon ricordo a Milano, solo un rapporto iniziato male e finito peggio con la dirigenza e il presidente.
Arriviamo quasi ai giorni nostri per ricordare i pochi anni da allenatore di Leonardo. Chiamato dopo le grandi vittorie ancelottiane, ci si ricorda di lui soprattutto per i derby persi con l’Inter (che vincerà scudetto e Champions League) e per il passaggio ai cugini proprio nella stagione successiva (anche lì senza lasciare grandi ricordi). La sua stagione rossonera si può tradurre nelle fredde statistiche: terzo in campionato, fuori agli ottavi di Champions e ai quarti di Coppa Italia. Qualche anno dopo anche Seedorf arriva dopo un ciclo importante come quello di Max Allegri, nel tentativo di traghettare fino al termine della stagione un Milan malconcio, all’inizio di una banter era che durerà per parecchi anni. Parlavamo di statistiche per Leonardo, quelle dell’olandese sono ancora più impietose: in sei mesi vince 11 partite, ne pareggia 2 e ne perde 9.
Giocatore di altissimo livello, allenatore che ha dimostrato ottime cose, prima di andarsene nel dicembre del 2022, dopo aver combattuto con la leucemia. Sinisa Mihajlovic arriva a Milanello nell’annata 2015/2016, stagione che non verrà certo ricordata nella storia del Milan. Centra la finale di Coppa Italia (che non disputerà perché esonerato prima), e lancia un giovanissimo Gigio Donnarumma, forse una delle pochissime note liete della sua avventura al Diavolo. L’addio avviene alla 32esima giornata dopo un ko interno contro la Juventus, al suo posto viene scelto Christian Brocchi.
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