Manchester City–Real Madrid è già storia, e con ogni probabilità verrà ricordata come la partita più bella di questo finale di stagione. Il 4-3 dell’Etihad ha messo in mostra tutto il repertorio di due tra le squadre più forti al mondo: classe, strappi e gol da cineteca. E il pensiero, ora, non può che essere rivolto al ritorno al Bernabeu, tra una settimana.
Difficile, in una partita tanto importante quanto emozionante, trovare il filo conduttore per raccontarla. Per parlare di una semifinale del genere bisogna innanzitutto dare uno sguardo all’interpretazione della gara che le due squadre hanno avuto: quella del City di Guardiola, onestamente, ha ben pochi difetti. Solita, avvolgente gestione del possesso, con De Bruyne e Mahrez incaricati della giocata preferita dall’allenatore catalano: l’imbucata. Un marchio di fabbrica, ormai, per la sponda blue di Manchester, che ha propiziato il primo gol (con l’algerino a pescare il belga nel cuore dell’area dei Blancos) ed il secondo, firmato da Gabriel Jesus. Un uno-due terribile da digerire per la squadra di Ancelotti, in evidente difficoltà sul primo pressing portato dai padroni di casa ed imprecisa nella fase di impostazione. Un limite nel giocattolo di Pep? La leziosità nella costruzione dal basso, che ha portato alla prima rete degli spagnoli.
Eppure il Real lo aveva già ampiamente dimostrato nelle grandi gare disputate contro PSG e Chelsea: mai darlo per spacciato. Il primo quarto d’ora infernale passato all’Etihad avrebbe steso praticamente chiunque. Chiunque non possa vantare Benzema, s’intende. Proprio il francese, con grande coordinazione ed un bacio al palo, ha riaperto le danze. Nemmeno il colpo di testa di Foden, figlio di un anticipo perentorio e gran cross Fernandinho, è riuscito a far alzare bandiera bianca al re di Coppa. Vinicius, contenuto proprio nell’azione del momentaneo 3-1, ha restituito subito il colpo al connazionale, fuggendo in campo aperto e siglando la sua diciottesima rete stagionale. Uno strappo che ha gelato l’orda di tifosi degli Sky Blues, ma non gli animi in campo. Nel finale hanno avuto la meglio intensità e lucidità: un mix che non è mancato a Bernardo Silva, capace di scaricare un missile all’incrocio. Al portoghese ha risposto, ancora, Karim, freddissimo dal dischetto dopo il doppio errore dagli undici metri in Liga. Penalty assegnato dall’arbitro Kovacs (altro grande protagonista della serata) sul tocco col braccio di Laporte: cucchiaio (che in Europa è conosciuto col nome del suo inventore, Panenka) e 4-3 finale.
La sensazione (e la speranza) è che a Madrid andrà in scena un capitolo ancor più avvincente di una semifinale che ha avuto un solo neo: il triplice fischio.
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