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Malore Bove, ecco perché non è entrata l’ambulanza

Le condizioni di Edoardo Bove sono in miglioramento ed è l’unica certezza legata all’evoluzione clinica del calciatore della Fiorentina. Abbassata la soglia del pericolo, restano da dissipare i dubbi legati alla causa scatenante del malore e capire cosa sia successo nei drammatici minuti dal 17’ di Inter – Fiorentina all’ingresso al Careggi. A cominciare dalle polemiche legate al mancato ingresso dell’ambulanza e ai rudimenti del primo soccorso.

Malore Bove, perché non è entrata l’ambulanza

Bove si è accasciato al suolo dopo 17’ di gioco. Ne sono serviti altri 4’ per essere trasportato in ambulanza e in tutto 13 per raggiungere la sala del codice rosso del Careggi. Secondo la ricostruzione dei soccorritori, quando il centrocampista viola ha perso conoscenza, si è seguito il protocollo. L’ambulanza non è entrata in campo per non correre il rischio di impantanarsi o di slittare sul terreno di gioco del Franchi. I medici che hanno raggiunto il campo hanno l’identica attrezzatura presente all’interno del mezzo di soccorso, nello zaino e, dalla loro, un addestramento anche nella gestione emotiva.

Il primo soccorso, elemento fondamentale

Anche le manovre di primo soccorso sono strettamente legate a un protocollo che va studiato. L’aiuto tempestivo di Cataldi è stato prezioso, ma fondamentalmente improvvisato. Inserire le dita nella bocca di chi è senza conoscenza è rischioso sia per chi è in sofferenza sia per chi vuole prestare aiuto. Se, come ha spiegato Giovanni Ghini, presidente della Fratellanza Militare di Firenze, Bove avesse serrato la bocca, Cataldi ne sarebbe uscito fortemente lesionato. Sulle cause del malore invece non vi sono ancora versioni ufficiali e tutte le ipotesi che circolano non sono confermate. La stessa società toscana ha spiegato, tramite comunicato ufficiale, che nei prossimi giorni verranno effettuati ulteriori accertamenti per stabilire cosa abbia determinato la situazione critica avvenuta ieri. Da Careggi i medici che hanno in cura il calciatore confermano che proseguono gli approfondimenti diagnostici.

La torsione di punta e il defibrillatore

Anche il trasporto di Bove in ospedale è stata una fase fondamentale per limitare i danni: secondo quanto riportato da Ghini, il calciatore è stato prima defibrillato e poi rianimato. Una gestione che non può che passare da mani esperte nella gestione dell’emergenza. La torsione di punta, elemento passato alle cronache, è invece una aritmia documentata come forma specifica di tachicardia ventricolare che può cessare spontaneamente o degenerare. In quel caso si ha una fibrillazione ventricolare, ovvero una contrazione continua con impulsi rapidi. La diagnosi e la cura sono ovviamente di competenza medica.

 

 

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