L’atmosfera di ieri sera a Vigo era così terribilmente calda. Vuoi per la storia, vuoi perché in palio c’era uno dei due soli biglietti per il 24 maggio alla Friends Arena, vuoi perché davanti a Los Celestes si palesava l’ostacolo United, il background di una sfida storica per il piccolo Celta è stato preso sul serio dagli aficionados locali. Il risultato non farà entusiasmare il pubblico galiziano, è finita 0-1 con perla da piazzato di Marcus Rashford, ma comunque trattasi di un bel traguardo al quale esser arrivati.
Atmosfera calda, dicevo. Il Celta Vigo era alla sua prima semifinale di una competizione europea, ma davanti ecco il colosso United. Una squadra sontuosa, il cui divario coi padroni di casa viene attestato a più di 360 milioni secondo Transfermarkt. In sintesi: mentre nel Vigo spiccano dal grigiore generale solo Daniel Wass (10) e la stellina di casa Iago Aspas (16), nei Red Devils, in media, ogni membro della rosa ha un valore di 19,4 milioni. Per di più, l’undici di Mourinho era alla ricerca dell’unico grande trofeo che manca in bacheca. E sono certo, nonostante tutti i chilometri che mi separano fisicamente da Manchester, che lo Special One avrà già dato ordine ai magazzinieri di far spazio per l’Europa League. Dando per scontata la finale, sulla carta, contro l’Ajax non c’è storia. D’altro canto, per Berizzo quest’EL ha rivestito un po’ il ruolo di ancora di salvezza. Le notti europee della sua maquina hanno mostrato, variato, a tratti rivoltato, una formazione che in Liga ultimamente pareva essersi persa: cinque ko nelle ultime sei di campionato. In tutto questo, il match analyst Richard Martin ricordava come il Celta avesse però sconfitto Real Madrid e Barcellona in stagione. Sfida impari, dunque? Sì, ma col riserbo.
Il Celta veniva da tre sconfitte consecutive (0-3 in casa contro l’Athletic Bilbao, 2-1 al Ramón Sánchez-Pizjuán di Siviglia, poi 0-1 al Balaídos col il Betis vincitore), motivo per cui il bielsismo adattato, con cui Eduardo Berizzo è diventato familiarmente conosciuto come El Toto, parrebbe aver perso la sua totale efficacia negli ultimi tempi. “Loro giocano da tre o quattro partite della Liga, ma non ci sono” aveva detto tra la realtà e la sdrammatizzazione Carlos Mouriño. Che non è il portoghese José, perchè uno fa l’allenatore, l’altro è uomo d’affari che dal 16 giugno 2006 è presidente de Los Celestes. Mourinho, nella sua conferenza stampa prepartita, è stato un fiume in piena anche a tratti nostalgico. Dopo aver spiegato come, a suo dire, sarebbe stata la partita della vita per il Celta, si è fermato a rifletter: “Un portoghese in Galizia non sa bene se è a casa o vicino casa”. In effetti, Vigo dista soli 38 chilometri dal confine portoghese di Valença. E comunque, ha ricordato José, in questa zona si mangia molto bene.
“Nel calcio accadono cose strane, ma solamente se ci credi”, ha detto John Alberto Olof Guidetti del Celta Vigo. L’ex attaccante del City conosce bene gli ex rivali dello United e punterà a batterli per raggiungere la finale, che si terrà nel cuore della sua città natale. “Lo United è nettamente più forte di noi, ma noi ci crediamo”. Il primo round va ai Red Devils, il secondo si vedrà. Intanto, intorno al minuto 13, dietro le due panchine sono comparse delle bandiere svedesi: che siano tifosi dell’attaccante? O magari si trattava solo di un tentativo di esorcizzare la paura nei confronti dello United pensando già a Stoccolma? Dove, tra le altre cose, sono certo che il figliol prodigo John tornerebbe volentieri. Lo ha detto lui stesso: “Sarebbe come un finale da favola essere alla Friends Arena nella mia città, Stoccolma. Sarebbe bello per uno stockholmer ottenere la possibilità di entrare sul campo, ma deve essere guadagnata. Abbiamo fatto la storia ed è qualcosa che potrebbe non accadere di nuovo nella storia del Celta, quindi sto solo cercando di godere di questo momento. Noi non vogliamo che finisca qui. Speriamo che ce la faremo a Stoccolma, e la metà lo stadio sarà blu. Sarebbe un sogno che si avvera”.
Guidetti, però, ha combinato pochino in campo. Uno invece dei personaggi certamente più influenti ieri sera risponde al nome di Sergio Álvarez Conde. Il portero di casa, oltre a mantener una fiera origine locale (nato qui vicino, in provincia di Pontevedra, così come il compagno di reparto Rubén Blanco, capitan Hugo Mallo, il terzino Jonny e il 10 Iago Aspas), si è prodigato in una serie di parate da ricordare: sul tiro a giro di Rashford (20′), col piede a dire di no a Mkhitaryan (35′), a mano aperta su Lingard (39′). Certo, magari sulla punizione che il 19enne Rashford ha tramutato in gol avrebbe potuto far meglio, ma se il Celta ha dovuto soccombere dinanzi agli avversari è tutto fuorché colpa sua. Perdipiù, in settimana, aveva ricordato nostalgicamente la sua infanzia: “Io da bambino andavo spesso, con papà, a vedere le partite allo stadio. Qui tra le altre, crollarono Ajax e Benfica 6-0, non mi sembra vero di esserci io questa sera”.
Sulla partita, di cui abbiamo già parlato, mi limito solo a rammentare qualche piccolo fotogramma. In settimana, la prensa iberica ha pubblicato quelli di Ander Herrera con la maglia del Celta, quando il centrocampista aveva 4 anni e simpatizzava per il Vigo dove il padre Pedro ha concluso la sua carriera nel 1989. Al fischio del russo Sergei Karasev, l’atmosfera si è riscaldata. Quello che l’account Instagram dell’EL definisce “a heroes’ welcome for Celta“ non si distanzia troppo dalla realtà. Ma il bello si è visto all’intervallo. Lo sapevate che dentro al Balaídos (che in galiziano altro non vuol dire che “campo libero“) ci sono delle toccanti frasi motivazionali? Lungo il tunnel, capita di imbattersi in robe del tipo “il tuo cuore è il muscolo più importante” o “nessun campione potrà mai battere una squadra“. Sono certo che Los Celestes le avranno lette. Sempre nell’half time, fuori dalla pancia dello stadio il pubblico intonava le note della tipica musica rock galiziana mischiate con la sigla dell’A Team: ve lo assicuro, assai surreale. E comunque, prima del kick off, le statue del centro erano state addobbate con maglie extra large del Celta. Non solo, perchè su tantissimi balconi sventolavano varie banderas celestes. La sentivano, eccome se la sentivano questa partita. E alla fine, sebbene il risultato non fosse da festeggiare, una bella e commovente sciarpata è stata l’ultima cartolina dall’Estadio Balaídos. Come si fa a non amarli?
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