Le difficoltà del Cile nel cammino verso il Mondiale

Siamo solo alla prima giornata e una sconfitta in casa dell’Uruguay era assolutamente preventivabile, soprattutto se arrivata con queste modalità, ossia un rigore ai limiti del dubbio e un gol segnato in pieno recupero. Eppure il Cile ha attorno a sé un alone di paura, reduce da una mancata qualificazione per la Russia che ha avuto del clamoroso, più un quarto posto nell’ultima Copa América che però ha lasciato tantissimo amaro in bocca per via dell’eliminazione in semifinale per mano degli storici rivali del Perù.

E per questo la Roja aveva messo come principali obiettivi quelli di ben figurare nella Copa América 2020, poi rinviata al 2021, e soprattutto nel mega girone di qualificazione Conmebol. Ma nel fare questo deciso passo avanti verso il riscatto dopo le prime vere delusioni successive alla generazione d’oro, c’è stato un grandissimo problema di ricambio, tanto che a oggi nessun giocatore che non era partito per la Centenario del 2016 rappresenta un vero e proprio fattore per questa nazionale.

Rueda ha lavorato per costruire una squadra più sua, o che quantomeno portasse delle novità rispetto a un passato che per quanto glorioso non poteva essere eterno, ma il fatto è che la carenza di materiale a disposizione gli ha impedito di far circolare troppi volti nuovi all’interno delle convocazioni. I calciatori titolari nati nella seconda metà degli anni ’90 sono tutti difensori, ma nessuno di questi milita in una massima divisione del calcio europeo: Vegas e Nicolas Díaz giocano in Messico mentre Sierralta in Championship col Watford, troppo poco per poter ambire a essere ancora un riferimento nel Continente.

I pilastri di fatto rimangono sempre Alexis Sánchez, Arturo Vidal ed Edu Vargas, che ancora hanno diverse cartucce da sparare, ma senza il supporto di alcuni dei pezzi grossi del ciclo precedente, potranno solo mettere delle pezze. Di fatto è questa prospettiva la parte peggiore della sconfitta con l’Uruguay, perché nel complesso alla prestazione si può dire ben poco. La squadra ha tenuto, ha saputo persino reagire e ha segnato anche un gol di grande preparazione, come quello che ha portato Aránguiz a servire Sánchez.

Tutto è crollato al 90′ quando Maxi Gómez ha segnato il gol del sorpasso, in un’istantanea che da sola fotografa al meglio il cambio di passo dell’Uruguay rispetto al Cile. Tabarez ha potuto contare su un ricambio di peso come l’attaccante classe ’96 del Valencia, ha rinnovato nel corso degli ultimi anni il centrocampo con giocatori importanti di big europee come Bentancur e Valverde (’96 e ’98) e in generale ha molte più alternative fresche che rompono la tradizione con il passato, vedi Brian Rodríguez o De La Cruz che sono partiti titolari al Centenario.

Perché lo sguardo alla partita non accentua troppo la differenza tra le nazionali, ma le prospettive per il futuro sembrano davvero distanti. E questa sicuramente è la più grande paura del Cile, quella di doversi accontentare e di non poter competere per i grandissimi obiettivi, pur avendo grandi chance di chiudere nelle prime cinque in questo girone.

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