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Le cinque più grandi rimonte nelle semifinali di Champions League

Approdare in finale di Champions League è un traguardo straordinario, ma farlo rimontando la gara di andata dà ancora più soddisfazione. In particolar modo se lo svantaggio è netto con due o addirittura tre reti da dover rimontare e quando tutto ormai sembra perduto. I casi sono rari e in sessantaquattro edizione solo in cinque circostanze è avvenuto questo grande recupero e quindi ecco a voi le più grandi rimonte in semifinale nella storia della Coppa dei Campioni.

INTER-LIVERPOOL 1965
L’Inter di Helenio Herrera era la squadra campione d’Europa in carica, una formazione destinata a entrare nella leggenda e nella storia del calcio continentale. Il bis europeo però era seriamente messo a rischio dai semifinalisti di quell’edizione e dal Liverpool di Bill Shankly. L’andata del penultimo atto si giocò ad Anfield Road e nei cinque anni di Grande Inter mai la squadra nerazzurra fu così schiacciata e dominata come quella sera. Il vantaggio di Roger Hunt fu pareggiato dopo poco da Mazzola, ma il peggio era nell’aria. Callaghan prima della fine del tempo e Ian St.John nella ripresa portarono il risultato sul 3-1 avvicinando i Reds alla loro prima finale internazionale. A San Siro c’era il pubblico delle grandi occasioni ma erano in pochi a sperarci e anche gli speaker, quando a inizio gara si videro arrivare Sandro Mazzola con il disco di “When the Saints go marching in” e l’ordine di metterlo a fine partita in caso di passaggio del turno, erano molto scettici. Eppure l’armata interista disputò una prestazione leggendaria e dopo soli nove minuti l’Inter era già sul 2-0 con i gol di Corso e dell’astuto Peirò che soffiò la palla dalle braccia di Tommy Lawrence. La regola dei gol in trasferta non era ancora stata inventata e quindi la situazione era di assoluta parità ma a segnare il 3-0 ci pensò la staffilata di destro di Giacinto Facchetti che portò l’Inter alla finale di San Siro contro il Benfica.

PANATHINAIKOS-STELLA ROSSA 1971
Il calcio olandese stava spiccando il volo e si stava prendendo le copertine di tutta Europa e dopo la vittoria nel 1970 del Feyenoord era l’Ajax a essere pronta a dominare il Continente. Ma chi avrebbe disputato la finale a Wembley con i Lancieri? La risposta sembrava scontata dopo la partita di andata delle semifinali giocata a Belgrado tra Stella Rossa e Panathinaikos. Gli jugoslavi dominarono senza fatica la partita e il grande protagonista fu Stevan Ostojiic che realizzò una tripletta. A rendere ancora più pesante il risultato ci fu la rete di Slobodan Janković, ma in soccorso dei greci arrivò la rete della speranza di Aristidis Kamaras. Il 4-1 era comunque risultato quasi impossibile da ribaltare, ma mai mollare con Ferenc Puskás in panchina. Due settimane dopo ad Atene la musica fu completamente diversa e dopo solo un minuto Antonis Antoniadis riaprì il discorso qualificazione per poi realizzare nel secondo tempo anche la rete del 2-0. Ma serviva ancora un gol per passare il turno e l’eroe fu ancora lui, Aristidis Kamaras che con un sinistro a incrociare trafisse un esterrefatto Dujković per il 3-0 finale e decisivo per la finale dei verdi ateniesi. A Londra vincerà l’Ajax ma quella sfida con la Stella Rossa nessuno in Grecia l’ha mai dimenticata.

AMBURGO-REAL MADRID 1980
Il calcio inglese stava dominando l’Europa da tanti anni e bisognava capire chi avrebbe potuto interrompere questa tirrania andando a sfidare in finale il Nottingham Forest. E dopo la prima partita il Real Madrid sembrava pronto a tornare grande e a disputare una finale a quattordici anni di distanza dall’ultima volta. Nella Capitale spagnola a decidere la partita fu Santillana che nella ripresa riuscì a battere Kargus per ben due volte e per l’Amburgo era notte fonda. Come recuperare due gol ai blancos senza subirne nessuno? Al Volksparkstadion però accadde l’incredibile e il capolavoro di Branko Zebec. La carica ripartì dal grandissimo terzino Manfred Kaltz che realizzò il rigore dell’1-0 e dopo solo diciassette minuti il colpo di testa di Horst Hrubesch riportò la situazione in assoluta parità. Ma non prendere gol era difficile e nonostante l’inglese tanto atteso sia quel Kevin Keegan dell’HSV fu il britannico Laurie Cunningham del Real a segnare e riportare la finale in direzione Madrid. Due gol servivano adesso agli amburghesi che arrivarono già nel finale di primo tempo. Ancora i campioni di quella squadra Kaltz e Hrubesch andarono a segno e ora erano gli spagnoli a dover rimontare e tutto già nella prima metà di gara. La squadra di Boškov provò a realizzare la rete della qualificazione ma al novantesimo Caspar Memering mise a segno la quinta rete per l’Amburgo che così si guadagnò la sua prima finale di Coppa dei Campioni.

ROMA-DUNDEE 1984
Una delle semifinali più controverse della storia della Champions League dove nel 2011 il figlio dell’allora presidente Viola parlò addirittura di una valigetta di cento milioni di lire consegnata all’arbitro Vautrot. Non si saprà mai se la cosa sia vera o meno ma a livello storico la Roma non fu mai “Magica” come quella sera. L’andata in Scozia fu una vera e propria catastrofe e nel secondo tempo le reti di Dodds e Stark sembravano spedire il Dundee in finale per una sfida tutta britannica con il Liverpool. Quasi settantamila persone e il record d’incasso del calcio italiano erano la cornice dell’Olimpico per compiere questa impresa impossibile. A suonare la carica ci fu sempre il solito Roberto Pruzzo, dopo un gol annullato a Bruno Conti, che con una doppietta prima di testa e poi da grande bomber di destro battè McAlpine per il 2-0 che ristabilì la parità. Il centravanti ligure avrebbe anche l’occasione per la tripletta ma il portiere scozzese per fermarlo fu costretto al fallo in area di rigore e allora la rete della finale la realizzò dagli undici metri il compianto Di Bartolomei. Non verrà mai confermata la storia della valigetta a Vautrot ma senza dubbio quella Roma quel pomeriggio non ne aveva bisogno.

BARCELLONA-GÖTEBORG 1986
In una pazza edizione di Coppa dei Campioni dove le sorprese l’hanno fatta da padrone per il Barcellona sembrava poter essere il momento di togliersi il fardello di questa mancata presenza della più prestigiosa Coppa europea in bacheca. Ma la maledizione sembrò proseguire in semifinale perché a Göteborg gli svedesi disputarono la miglior partita per una squadra scandinava. Un 3-0 secco e insindacabile con Torbjörn Nilsson attore protagonista e autore di una doppietta prima che Tommy Holmgren realizzasse il tris che sembrava mandare gli svedesi alla finale di Siviglia. Centoventimila persone arrivarono al Camp Nou per il ritorno dimostrando che il popolo blaugrana ci credeva e soprattutto ci credeva una persona: Pichi Alonso. Il suo rapporto con la squadra catalana non fu idilliaco e dopo quattro anni deludenti se ne sarebbe andato a fine anno, ma che canto d’addio! Una tripletta strepitosa riuscì a riportare in parità la situazione e Urruti riuscì a mantenere inviolata la rete e si andò così ai calci di rigore. Dopo le tre realizzazioni del Göteborg l’errore di Carrasco sembrava fatale e dopo le reti anche di Fredrkisson e Calderé tutto era nei piedi di Roland Nilsson. Il destro venne parato da Urruti che realizzò anche il suo quinto rigore che portò la sfida a oltranza. Per Mordt fu il sesto a calciare ma sparò in curva e Víctor Muñoz fu l’uomo della storia barcellonista che battè Wernersson e i catalani avevano realizzato una storica rimonta.

Francesco Domenighini

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