La sconfitta sa di sentenza: la Lazio non è ancora fuori dall’Europa League, ma poco ci manca. Al Cluj basterà un punto nelle restanti due partite per prendere l’unico posto rimasto disponibile per la qualificazione, visto che l’altro dopo il risultato di oggi è già del Celtic. Inspiegabile, a tratti inconcepibile l’atteggiamento della Lazio in questa Europa League: sulla carta una delle formazioni più interessanti, certamente non da titolo, ma con ottime possibilità di entrare quantomeno nel G8 della competizione.
E invece il girone ne ha fatto subito selezione. Le trasferta sono state la condanna: due partite fuori casa, due sconfitte. Entrambe in rimonta dopo essere stata in vantaggio 1-0. Che poi è anche ciò che è accaduto all’Olimpico col Celtic. Vero, quest’ultima partita è stata senz’altro superiore alla trasferta rumena o al viaggio a Celtic Park ma ancora una volta la squadra di Inzaghi ha giocato un secondo tempo troppo al di sotto rispetto al primo.
Quasi in controllo fino al momento del vantaggio, come se tutte stesse andando secondo i piani. Poi un atteggiamento di arrendevolezza, di superficialità, così approssimativo da rendere possibili le rimonte di chiunque. Dal Cluj alle due volte del Celtic, per una classifica che dopo quattro giornate è decisamente disastrosa. Non tanto per la quasi sentenza sulla qualificazione, ma per come ci si è arrivati. La Lazio al momento ha la testa bassissima, conscia di aver dato il 10% rispetto a ciò che si vede in campionato: un’Europa League trascurata, toccata nel suo prestigio.
Cose già viste dalle italiane nel passato, ma non per questo ancora tollerabili. L’immagine della Lazio del finale poi è veramente brutta: non rende neanche giustizia al resto di partita che ha fatto, ma lascia una sensazione di approssimazione totalmente inadeguata a una coppa europea. Una palla persa così davanti alla difesa, che porta al gol dell’ennesima rimonta subita, quella che forse sancisce l’eliminazione. Troppo brutta se paragonata con la squadra che si è presa 9 punti in Serie A con Fiorentina, Torino e Milan, quella dell’attacco alla profondità, dei gol in velocità.
Il turnover spesso è stato l’emblema di quanto questa squadre credesse poco all’Europa League e adesso ne paga le conseguenze. Con una figura pessima anche per il calcio italiano, ma soprattutto per se stessa.
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