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L’Atlético, la Champions e Lisbona: tra incubi e voglia di riscatto

Sonno 4,5 i Km che dividono i due stadi di Lisbona, una sorta di camminata di purificazione tra sogni e incubi. In particola modo se si parla di Atlético Madrid: il ritorno nella capitale portoghese è ovviamente uno shock, soprattutto perché nell’anno in cui il cammino è tornato finalmente a sorridere ai Colchoneros, la sede della finale è stata cambiata da Istanbul a Lisbona, il luogo del peggior ricordo possibile della storia del club.

Come se per fare quel passo mai riuscito, al punto che l’Atleti è l’unica squadra a esser stata Campione del Mondo senza esser stata Campione d’Europa, fosse necessario affrontare il proprio passato, mettere una volta per tutte i propri incubi nel cassetto e vivere un’altra realtà. Vero, nulla cancellerà quella notte, quella del pareggio di Ramos all’ultimo respiro e della Décima del Real vinta ai supplementari, ma trovare finalmente quella prima Champions della propria storia darebbe una gioia decisamente più grande del dolore provato nel 2014 al Da Luz.

E infatti il percorso portoghese non comincerà dallo stadio del Benfica, ma da quello dello Sporting, un approccio soft per poi giocarsi tutte le proprie carte nel luogo del delitto. L’occasione è veramente unica, capitata in una stagione che fino a febbraio non sembrava in grado di dare soddisfazioni, ma che grazie a una doppia partita perfetta contro il Liverpool ha aperto la speranza di portare a casa il trofeo più importante e atteso dell’Atlético.

Il sorteggio favorevole contro un Lipsia anche orfano di Werner crea attese e pressioni e soprattutto dà a Simeone quello scomodo ruolo di favorita con cui preferirebbe non convivere.

Ultima delle scuse in ogni caso, perché questa è un’occasione che difficilmente si presenterà un’altra volta: Lisbona aspetta il vero Atlético, che non può fallire con il Lipsia e che dovrà sudarsela col Psg. Un cammino breve, ma emotivamente davvero complicato, con la destinazione più bella, quella che dà l’occasione di riprendersi il più grande sogno rubato. La coppa mai arrivata nel luogo della beffa più grande della propria storia.

Simone Gamberini

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