Sul titolo dell’Atlético Madrid ci sono tantissime firme di rilievo: Luis Suárez è stato l’uomo copertina grazie ai suoi gol e all’impatto del suo acquisto, il Cholo Simeone ha come al solito lasciato il suo segno dalla panchina, e tanti altri calciatori di livello mondiale come Oblak e Marcos Llorente sono stati fondamentali per rendere i Colchoneros la prima forza di Spagna. Non va però oscurata la stagione di Ángel Correa, giocatore imprescindibile in questo sogno diventato realtà.
Se la stagione più importante della sua vita è stata la 2014/15 in cui ha sconfitto le difficoltà del tumore benigno al cuore che rischiava di fargli terminare a 20 anni la carriera agonistica, la 2020/21 è stata quella della consacrazione tecnica, in cui si è potuto vedere finalmente alla massima potenza il valore di un calciatore che sin dai tempi del San Lorenzo mostra grandi colpi tecnici.
Correa ha disputato una stagione fenomenale in cui finalmente il suo impatto sulla squadra è stato decisivo per i risultati. Le giocate le avevamo viste anche negli altri anni, ma così tante volte e soprattutto nei momenti così importanti mai: Angelito è stato un uomo in puro stile Simeone, capace di adattarsi a qualsiasi situazione, in grado di mettere il carattere quando la tecnica non bastava più. È stato un jolly e che jolly: centrocampista per dare qualità in fase di impostazione, punta per dare imprevedibilità quando mancavano le risorse.
La squadra per un certo periodo ha rischiato di affondare, anche perché si era ritrovata senza Suárez e Félix, out per infortunio. Lì Correa si è preso la squadra sulle spalle, ha formato una coppia d’attacco neanche lontanamente pensabile fino a un anno fa con Llorente, ed è stato decisivo. Diventare Suárez quando Suárez non c’è, accompagnare Suárez quando Suárez c’è: più che un obiettivo, una missione. Compiuta, alla grande.
Non è un caso che prima dello sparo del Pistolero in contropiede al Zorrilla di Valladolid, il gol del pari sia stato suo. Una giocata da fenomeno, con dribbling nello stretto in mezzo a tre e tiro di punta in stile futsal per rubare il tempo a tutti. Lì la Liga è tornata all’Atlético Madrid, decorata con un’immagine di pura classe dipinta dall’argentino. Non poteva esserci maniera migliore di coronare una stagione in cui è stato sempre al centro del gioco e del progetto: utilizzato, spremuto, persino sacrificato come mai gli era capitato in carriera. La consapevolezza nei propri mezzi è aumentata in questo sistema di gioco, ma dopo aver trovato certe convinzioni è lecito aspettarsi di più anche altrove, magari in nazionale dove giocherà n successione prima delle partite di qualificazione al Mondiale e poi la Copa América. È stato compagno di Suárez, lo sarà di Messi: a caccia di un nuovo digiuno di titoli da interrompere, ancora da protagonista, nel miglior anno della sua carriera.
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