La Roma di Daniele De Rossi saluta il suo pubblico all’Olimpico superando il Genoa 1-0 e con la certezza aritmetica del sesto posto in classifica che può significare Champions League se l’Atalanta vincerà l’Europa League e non supererà la quinta posizione in classifica.
La Roma di De Rossi, numeri da Champions
Al netto del risultato, il lavoro del tecnico arrivato nello scorso gennaio lascia in eredità un modello ben preciso. Il sesto posto è un punto di partenza, ma la Roma ha le potenzialità per essere fra le prime quattro. Questo significa ridurre il gap da Inter, Milan, Juventus, Atalanta e Bologna e riuscire a restare davanti a Napoli, Lazio e Fiorentina. In questo senso i divari sono meno significativi di quel che dice l’attuale classifica e possono essere colmati senza particolari stravolgimenti della rosa. I numeri sostengono la tesi. La Roma di De Rossi, esclusa la partita da giocare contro l’Empoli, ha una media significativa di due punti a partita. Giocando una intera stagione, ovvero 38 partite, la proiezione è 76: quanto basta e avanza per centrare la qualificazione in Champions League.
De Rossi idee chiare su cosa serve per il salto di qualità
De Rossi ha una base importante per lavorare e ha già molto chiare le idee sul profilo dei giocatori richiesti. Senza fare nomi. Il confronto sarà con il neo direttore sportivo ma la Roma 2024/2025 non sarà figlia di cifre folli, piuttosto di elementi che arriveranno attraverso un mercato intelligente. Ai grandi nomi, si sostituiscono le idee: tradotto in pratica, giocatori adatti alle idee del gioco del tecnico (presumibilmente un 4-3-3 aggressivo, fatto di possesso e conquista del pallone e ricerca costante della verticalità) da inserire in una rosa che va irrobustita e implementata più che rivoluzionata.
Calciatori – asset: il modello Bayer Leverkusen
Quali gli elementi che in questo momento non sono presenti, come caratteristiche, nel ventaglio di scelte a disposizione dell’allenatore? De Rossi non l’ha detto ma lo ha fatto ampiamente capire: serve un calciatore che crei superiorità numerica ed elementi che non siano in grado di soffrire avversari come Frimpong. Tradotto sul campo, l’anello debole della catena, sono, appunto, le catene esterne. Una volta colmate le lacune, l’idea è di abolire il concetto di instant team e costruire qualcosa che duri nel tempo. Non solo una squadra ma calciatori – asset per la società, ovvero giocatori che a giugno saranno forti e poi fra qualche anno fortissimi da piazzare sul mercato per finanziare il successivo e generare un circolo virtuoso e vincente. Insomma, il modello Leverkusen. La strada è tracciata.