La Roma di De Rossi, irriconoscibile, cede all’Empoli tre punti e anche molto di più: le certezze che si era costruita in settimane di lavoro. Un punto in due partite, contro Cagliari ed Empoli, fotografano le difficoltà di una squadra costruita male e che non ha ancora un filo logico.
La Roma messa in campo da De Rossi è praticamente identica, per concezione, a quella dello scorso anno, privata dei gol di Lukaku con un Dovbyk che ha caratteristiche profondamente differenti dall’attaccante belga e che sembra faticare, e non poco, in fase realizzativa. Troppo lezioso, l’ucraino e poco cattivo negli ultimi sedici metri. L’occasione divorata sull’1-2 è l’emblema di un inizio complicato. Come quello di una squadra in chiara difficoltà, complici anche le scelte sul mercato. Troppi equivoci. Eppure Daniele De Rossi, davanti ai microfoni e alle telecamere, era stato chiaro: aveva chiesto espressamente un esterno di gamba. Dybala, al netto dell’immenso e indiscutibile talento, non lo è non ha nelle corde quei movimenti, richiesti dallo stesso De Rossi, con i piedi sull’esterno. L’allenatore aveva chiesto un centrocampista coast to coast, ed è arrivato Le Fee, che è sicuramente un buon calciatore, ma non ha le caratteristiche richieste.
Anche De Rossi ci ha messo del suo. L’undici sceso in campo ha quasi sconfessato il mercato: fuori Le Fee per affidarsi alla colonna vertebrale di una squadra che è arrivata sesta e ha sofferto contro quasi tutti gli avversari. Ed è successo puntualmente anche contro l’Empoli. Il trio di centrocampo formato da Paredes, Cristante e Pellegrini ha messo in mostra i consueti e noti limiti. È servito il gol del raddoppio per spingere il tecnico a decisioni che possono anche essere impopolari a livello di spogliatoio ma che hanno comunque scosso la squadra che ha quasi rimesso in piedi la partita con l’uomo il più inaspettato, Shomurodov.
E poi c’è il caso Dybala che ha evidentemente lasciato strascichi. Le dichiarazioni di Daniele De Rossi in conferenza stampa, tra le righe, e neanche troppo, hanno lasciato intendere che nell’idea di gioco dell’allenatore, l’argentino non fosse inamovibile. Il “no” all’Arabia e l’incoronazione a furor di popolo a nuovo Re di Roma complicano ulteriormente il lavoro di un tecnico che, ben conoscendo l’ambiente, è consapevole che mettere in discussione l’argentino in questo momento potrebbe rischiosamente trasformarsi in un boomerang. E così la Roma si è ritrovata, vittima dei suoi equivoci, in fondo alla classifica.
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