All’interno di un pensiero quasi interamente incentrato sul pessimismo, sia esso storico, cosmico o eroico, anche un intestardito pensatore quale Giacomo Leopardi aveva fatto intravedere un barlume di speranza. E oltre alla quiete dopo la tempesta, ecco la ginestra: fiore del quale viene sottolineato il metaforico atteggiamento solidaristico che nei pensieri dell’autore dovrebbe corrispondere ad altrettanto tra gli uomini, è l’emblema di una condizione umana che non debba esser lamentata, bensì affrontata insieme, facendo forza sul fatto che essa sia comune a tutti. E pare esser stato questo l’atteggiamento con cui l’Atene giallonera ha affrontato il match contro l’Asteras Tripolis. In una situazione assai poco felice (ne ho parlato a parte), ora veniva la parte più difficile: ripartire. Non più da Josè Morais, dimessosi in seguito al peggior periodo (in termini di risultati) in tutta la storia del glorioso club, ma da Manolo Jimenez. Uno che l’ambiente lo conosceva bene. Quantomeno l’Original 21 parrebbe aver apprezzato la scelta della dirigenza, e la gioia per il suo ritorno a casa ha fatto da sfondo ad una bella domenica, in cui l’Aek è tornato a vincere ma anche e soprattutto a convincere.
Nel complesso, il principale problema pareva essere di origine psicologica: il collettivo probabilmente non riconosceva più le sue capacità effettive, dunque molti punti sono andati persi per strada non appena, allentata la guardia, veniva subito un gol. Su questo ha avuto ben poco tempo per lavorare, Jimenez, eppure i risultati sembrerebbero dirci tutt’altro. Una squadra convinta, aiutata anche da qualche piccola variazione sul piano tattico, che ha saputo riversarsi sempre pericolosamente dalle parti del povero Donnarumma (già, Antonio, l’ex portiere del Genoa, fratello del più giovane e fortunato Gianluigi, ha scelto proprio Tripoli per il prosieguo della sua carriera). Al termine del match saranno solo due le reti (una gran incornata di Pekhart al 24′ su cross di Didac Vilà, un bolide da fuori area di Mantalos al 47′), ma quel che le statistiche non dicono è che l’Aek ha sempre tenuto in pugno il match. Cosa che raramente (solo due volte, per la precisione) si era vista con Morais. E la grande esultanza del ceco Tomas, che di Skuhrawy pare aver qualcosa (e non mi riferisco solo al nome quanto alle movenze, pur essendo l’ex Genoa stato più prolifico), ne è la prova: non a caso si è beccato pure un cartellino giallo, sintomo di quanto importante fosse segnare oggi. E dare finalmente una svolta, convincere la tifoseria che ora il peggio sia passato, per programmare insieme un futuro roseo.
Proprio Pekhart è uno dei piccoli aggiustamenti tattici operati da Jimenez: in molti, me compreso, si erano fatti più di una domanda sulla possibile coesistenza tra lui e Hugo Almeida (oggi indisponibile). Bene, mentre precedentemente veniva utilizzato da esterno nel 4-2-3-1, ieri ha agito da finalizzatore nel medesimo schema. Un puntero, un vero nueve, un attaccante lasciato libero di focalizzarsi solo su ciò che gli riesce meglio: segnare. Ieri è andato in gol, la quinta in 13 presenze, e non è affatto un caso. Privato di sgradevoli compiti in fase di ripiegamento (lui che ha una stazza importante, essendo alto 1,94), è capace di render meglio. E in una carriera che avrebbe meritato ben altro (ad Euro2012 ricordo che era considerato uno dei migliori prospetti del calcio ceco, poi si è evidentemente perso per strada specie all’Ingolstadt), date fiducia a questo ragazzo. Hugo Almeida può aspettare: in fondo il talento, Tomas, ce l’ha. E con un pò di fiducia, potrebbe davvero trascinarsi l’Aek sulle spalle.
Ma il numero 14 non è l’unica correzione: ad esempio, la scelta di Jakob Johansson dal 1′ (in mediana affianco a Simoes) ha pagato, eccome, in quanto lo svedese è stato insignito del premio Mvp di Cosmote, sponsor del club nonchè fornitore di servizi telefonico. Una diga in mezzo al campo, un inarrestabile frangiflutti, nel finale si è pure concesso qualche sgroppata in avanti (sua l’ultima occasione del match, con un colpo di testa bloccato da Donnarumma): la rinascita dell’Aek passa anche dai suoi piedi. Come da quelli di Lazaros Christodoulopoulos e Patricio Rodriguez, oggi meno ispirati del solito ma non per questo meno importanti per l’economia del club. Affatto. E del bosniaco Vranjes, ultimo acquisto, chiamato a fortificare una difesa che finora ha subito 16 reti, come quella dello Xanthi per capirci, ma che necessita di più impermeabilità.
“Per me l’AEK FC significa molto. Dopo 32 anni al Sevilla FC, AEK è stata la squadra che mi ha dato la possibilità di lavorare all’estero per la prima volta. Qui in Grecia abbiamo lavorato molto e abbiamo vinto la Coppa in circostanze difficili. Allora l’AEK non era nel miglior punto della sua storia. Abbiamo tutti avuto un sacco di problemi. Per esempio mi ricordo i ritardi dei nostri pagamenti e altre cose. Il declino del club, che ha portato alla retrocessione, era appena iniziato. Ma l’AEK ha dimostrato che non sta morendo. Dopo la sua retrocessione l’AEK è risorto e salito direttamente alla Super League, vincendo anche la Coppa l’anno scorso. Quindi, se si potesse parlare di una rivincita, non è una vendetta per me, ma per l’AEK! Sono venuto qui perché voglio aiutare la squadra a diventare migliore. Non sono qui per i soldi o qualche altro motivo. Se posso dire che io ho amato due squadre, queste sono Siviglia, dove ho vissuto una grande parte della mia vita, e il secondo è l’AEK, dove ho vissuto un sacco di grandi momenti. Ma ora è tempo di lavorare. Preferisco parlare con il mio lavoro di dire un sacco di cose”. Questo il biglietto da visita del buon Manolo, sulle frequenze ufficiali del club. Ci sarebbero tanti temi da trattare, altrettante sfaccettature da analizzare all’interno di queste poche righe. Sono parole dense, ricche di significato, e che possono voler dire tanto.
E alla fine, quella confezionata è una vittoria del collettivo. Una vittoria importante, che potrebbe erigersi a watershed di questa stagione e, perchè no, di quelle prossime. Mi piace pensare poi che questi tre punti vadano attribuiti in particolar modo a tre volti distinti. Quello di Jimenez in primis, capace di ridar linfa ad una pianta eccessivamente appassita. Quello di Pekhart, con un’esultanza che l’Original 21 vorrebbe veder ogni volta, e la consapevolezza che potrebbe trattarsi (glielo auguro con tutto il cuore) della svolta in carriera. E quello di tutti i supporter dell’Aek, festanti come non mai: “Oggi abbiamo visto un altro Aek, con una passione, energia, capacità, corsa, andare prima sulla palla, siamo dappertutto, come se non ci sono rivali! Dalla difesa fino all’attacco, tutti super!”. Avanti così.
Ecco il tabellino del match:
Aek (4-2-3-1): Barkas; Galo, Lambropoulos, Vranjes, Didac; Simoes, Johansson; Rodriguez (dal 65′ Ajdarevic), Mantalos, Christodoulopoulos (dall’87’ Vargas); Pekhart. All. Jimenez. A disposizione: Anestis, Kolovetsios, Diaz, Galanopoulos, Bakasetas.
Asteras Tripolis (4-2-3-1): Donnarumma; Bertos, Hamdani (dal 71′ Kotsiras), Yiannoulis, Selin; Tsoukalas, Farinha; Stanislavjevic (dal 46′ Tsilianidis), Dimoutsos, Kaltsas; Manias (dal 59′ Gondo). All. Eleftheropoulos. A disposizione: Kosicky, Haiduchyk, Kyriakopoulos, Iglesias.
Reti: 24′ Pekhart, 47′ Mantalos. Ammoniti: Pakhart (AE), Bertos (AS). Arbitro: Sidiropoulos.
Matteo Albanese