C’è stato un periodo, e mi riferisco all’incirca agli ultimi giorni del dicembre 2015, in cui la Spagna montò una polemica clamorosa circa presunte simpatie fasciste di un giovincello, professione fantasista, la cui qualità era allora messa al servizio del Siviglia. Il suo nome era Yevhen Konoplyanka, con qualche variabile di traduzione vista la corrispondenza dai caratteri ucraini a quelli latini: Євген Коноплянка, che subisce la stessa sorte di un altro Yehven, Seleznyov, nel momento in cui si scrive anche “Evgen“. Discussioni a parte, La Voz de Galicia aveva riportato un tweet postato da un tale Draza Mihailovitx raffigurante Konoplyanka dopo aver scritto sulla cappelliera di un aereo la frase: “Gloria all’Ucraina, gloria agli Eroi!”. Niente da segnalare, ma agli attenti media iberici non era sfuggita l’aulica citazione presa dall’UPA, l’Esercito insurrezionale ucraino, gruppo paramilitare in azione durante la seconda guerra mondiale sulla scia dell’allargamento degli orizzonti socialisti e guidato per un certo lasso di tempo dall’oggi eroe nazionale Stepan Bandera. Galeotto dunque fu questo «Slava Ukraine, Geroiam slava», perché la comune azione antinazista e anticomunista dell’UPA è stata ripresa da coloro che ai giorni nostri mal tollerano le ingerenze russe in Ucraina, facendo leva sull’indipendenza. Questione più che mai attuale.
Lo stesso trattamento che era stato riservato dal Rayo Vallecano a Roman Zozulya, incriminato per una maglia sfoggiata nell’estate in aeroporto raffigurante simboli di estrema destra, sarebbe potuto finire addosso a Konoplyanka, che nel 2015 era la stella indiscussa del Dnipro di Kalinic prima del suo trasferimento al Siviglia. L’undici di Myron Markevych, quello che eliminò il Napoli e che a conti fatti non sarebbe nemmeno dovuto esser lì (galeotti gli errori arbitrali, visto che alla fase a gironi avrebbe dovuto passare il turno il Qarabag e non gli ucraini di Dnipropetrovsk), stava regalando una favola incredibile al mondo. Konoplyanka era il suo simbolo, il suo leader, la maggior fucina di talento con cui il tecnico classe ’51 sperava di far saltare il banco di Emery. La sorte si sarebbe messa di mezzo, a Varsavia, nelle spoglie dell’idolo polacco Gregorz Krychowiak e dell’ex pescivendolo di Barranquilla, Carlos Bacca. Ciò non toglie, però, che il Dnipro abbia conquistato onori e complimenti.
“E’ stata la vittoria di un Paese, mi congratulo con tutta l’Ucraina e vorrei dedicare questa vittoria a tutti gli appassionati della nostra squadra, soprattutto a quelli che non potevano e non potranno gioire di questo storico successo, a tutti coloro che stanno difendendo la patria. Siamo ad un passo dalla vittoria finale dell’Europa League, auguro a tutti noi di farlo”, aveva dichiarato il presidente del club ucraino al termine della sudatissima semifinale col Napoli, pure questa viziata da errori arbitrali a danneggiare la squadra di Benitez. Va detto anche che Igor Kolomoyskyi non è mai stato un personaggio che amasse particolarmente la gestione politica allora vigente, tanto da lanciare una frecciatina al rivale Putin parlando dei militari che stanno difendendo la patria. In una terra dilaniata mortalmente dai conflitti, dalle guerre, dalle immagini ritraenti una Donbass Arena giacente in un pietoso stato di coma irreversibile, c’è questo e altro.
Kolomoyskyi è un banchiere, ha origini israeliane e vantava un patrimonio di un miliardo e duecentomila euro, tutti guadagnati dai molteplici ambiti in cui è impegnato: compagnie aeree (Skyways Express, City Airline), gas (la Burisma Holdings Ltd è la prima società ucraina per rilevanza), comunicazioni (detiene un network comprendente otto tv). Le sue idee politiche però, gli sono costate l’inimicarsi progressivo di Putin e il progressivo accavallarsi dei combattimenti col calcio ha obbligato Kolomoyskyi a una scelta. E così il Dnipro è stato lasciato crollare, dilaniato dal Fair Play Finanziario, fallito, triturato e caduto nella terza serie senza più nemmeno l’ultimo baluardo, capitan Ruslan Rotan. Nel contempo, ecco che il patron del club ha poi cominciato a finanziare privatamente, e segretamente, milizie di volontari per combattere con la forza le idee dei separatisti filo-russi. Oggi di fatto il club non esiste nemmeno più: oggi il valore complessivo della rosa è di 300mila euro, il tecnico è il 43enne Oleksandr Poklonsky e i giocatori in rosa sono soli 14: due portieri, 5 difensori, 5 centrocampisti e due attaccanti. Età media 20 anni spaccati. Il minimo indispensabile, lontano anni luce dalle strazianti fotografie di Varsavia 2015, che ora rappresentano solo il culmine di una parabola ormai tristemente in inesorabile triste declino.
Dalla Germania, un’inchiesta della rivista Deutsche Wirtschafts Nachrichten parlava chiaramente di come, senza gli aiuti di Kolomoyskyi, l’Ucraina avrebbe subito un sconfitta schiacciante: “L’importo della prima tranche ammontava a 4,5 miliardi di dollari, tuttavia 1,8 miliardi di dollari sono scomparsi. Tramite il gruppo “PrivatBank”, controllato dall’oligarca ucraino Igor Kolomoisky, gran parte della prima tranche del FMI è stata portata in nero all’estero. In cambio l’oligarca sosteneva di finanziare le truppe ucraine e di comprare per l’esercito la benzina. Nell’estate dello scorso anno la “PrivatBank” di Kolomoisky ha erogato a 42 imprese ucraine prestiti per quasi 2 miliardi di dollari. Dato che la maggior parte delle imprese appartenevano alle holding dell’oligarca, di fatto si era girato i fondi autofinanziandosi. Con questi soldi le aziende hanno ordinato merci dai 6 società straniere, 3 delle quali hanno la sede legale nel Regno Unito, 2 nelle Isole Vergini Britanniche e 1 nei Caraibi. In realtà le merci non sono mai state consegnate e i soldi sono rimasti nei conti della filiale di “PrivatBank” a Cipro. Kolomoisky ha ceduto il controllo delle imprese ucraine, le regioni di Odessa e Dnepropetrovsk, in cambio è stato cancellato della “blacklist” degli Stati Uniti. Al momento si trova negli Stati Uniti e le autorità ucraine non possono toccarlo“.
Per ridefinire gli equilibri politici nell’era successiva a piazza Maidan, nel 2014, il patron del Dnipro s’è dunque servito della sua squadra come simbolo della sua battaglia. Yevhen Konoplyanka, in tutto questo, era naturalmente uno dei pesci più grossi, un po’ come gli squali che nuotano indisturbati nell’acquario presente nell’ufficio di Kolomoyskiy (ce ne sarebbe una mezza dozzina). L’Ucraina è dilaniata, completamente a pezzi. L’ex presidente del Metalisk Kharkiv, Serhiy Kurchenko, è fuggito dal paese cedendo i cedibili tra cui anche il Papu Gomez, ad esempio. Sorte diversa è toccata a Rinat Akhmetov, a capo dello Shakhtar Donetsk nonché figura che parrebbe aver assunto un ruolo di mediatore nelle battaglie, cercando di far pervenire la parte filo-ucraina a un accordo con la corrispettiva filo-russa. Ma per chi come Kolomoyskyi ha preso una posizione dura e irremovibile, la risposta di Putin non s’è fatta attendere: i 10mila euro per ogni militante pro-russo catturato sono stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso, portando dunque alla drastica opposizione.
Konoplyanka, per chiudere il cerchio, è nato nel 1989 a Kropyvnyc’kyj, città nota per l’importanza a livello ferroviario, nonché perché pare rivesta una buona preponderanza nel campo dei macchinari agricoli. Il compleanno di Yevhen lo si festeggia il 29 settembre, quando l’Ucraina intera e indistinta si ferma per applaudire la nascita di un altro grande campione: Andriy Shevchenko. Ora che tutto sta andando verso una drastica fine, almeno per Kolomoyskyi e conseguentemente per le ambizioni sia del Dnipro sia di un Konoplyanka che non è ben visto da tutti in patria, pure le prospettive di carriera per “Kono” stanno crollando. Al Siviglia non ha fatto benissimo, allo Schalke 04 è notizia di qualche settimana fa il suo errore a pochi passi dalla porta. Per concludere il discorso, la posizione politica di Yevhen Konoplyanka è presto detta: la si nota in un tweet che l’attaccante pubblicò il 1 marzo 2014, sul suo profilo di allora (@canabina) che oggi è stato bloccato e infatti l’attaccante dello Schalke 04 oggi cinguetta su @kono10official. Pare, secondo alcune fonti che potete consultare a QUESTO LINK, che sia stato proprio il Cremlino a ordinare la sospensione di oltre 200 account tra cui quello del calciatore ex Siviglia. Che, il 1 marzo, per concludere questa volta davvero, aveva dato sfogo alla sua posizione:
Путин, гори в аду. Господи, помоги Украине. — Евгений Коноплянка (@canabina)
“Putin brucia all’inferno, Dio salvi l’Ucraina”