Le grandi difficoltà degli ultimi anni del Barcellona erano arrivate nella gestione dei risultati, in quella superiorità tecnica compromessa da un crollo psicologico. A Liverpool come a Roma, in una scena replicata poi anche in Arabia Saudita in Supercoppa Spagnola tanto da costare la panchina a Valverde. Oggi è scomparsa anche la superiorità tecnica di una squadra umiliata come peggio non poteva accadere, abbattuta nella maniera più vergognosa possibile.
Tanto onore a un Bayern davvero da corsa, ma una squadra che porta il nome del Barcellona e una rosa comunque rispettabile non può concedersi figure del genere. Inutile rivangare sul resto della stagione, è stata chiaramente la peggiore dell’era Messi, la seconda con zero titoli, cosa che non accadeva dal lontano 2008, ultimo anno della gestione Rijkaard.
Lì però venne rifondata la squadra affidandola a Guardiola, con grandi prospettive e speranze per vedere un calcio vincete. Oggi siamo all’alba di un nuovo cambio di panchina, ma con premesse totalmente differenti, e aspettative nell’ombra più totale. Il Barcellona è stato letteralmente preso a pallonate, gergo calcistico di bassissimo livello che però ben si sposa con la prova di una squadra che ha provato e fatto provare il senso della vergogna.
Dalla delusione di un anno all’insegna di trofei mancati alla peggior conclusione possibile e francamente l’ultima pronosticabile. Ci poteva stare uscire, ma non così, non per il Barcellona, insufficiente in tutti i suoi giocatori in campo.
A partire da un Ter Stegen in versione horror, passando per una prova difensiva da voti sotto lo 0 in pagella, più un centrocampo che non ha saputo reggere alcuna pressione, fino a un attacco decisamente insufficiente. Stavolta anche Messi è da mettere sul banco degli imputati, perché il suo apporto a differenza della doppia sfida col Liverpool non c’è stato, e i suoi guizzi non hanno portato a quegli scossoni che solitamente danno nelle partite che contano. Suárez ha segnato un gol da campione, ma ha sbagliato quello più facile che sarebbe valso addirittura il vantaggio, enorme differenza ed ennesimo sintomo di un feeling brutalmente scomparso con questa coppa.
La partita più umiliante di sempre nella stagione più difficile di sempre. Anche il 2013/14 del Tata Martino riuscì a portare un titolo, per quanto il più consolatorio, una magra Supercoppa. Qui invece è stato fallito tutto, senza raggiungere neanche una finale. Anzi, l’unica semifinale è stata proprio quella di Supercoppa, che però è il turno di partenza. Fuori ai quarti di Copa del Rey, rimontati nettamente in campionato dal Real, umiliati dal Bayern in Champions, peggio di così non poteva andare: c’è chi aspetta le elezioni per avviare la rivoluzione, ma la realtà è che questi cambi servono in maniera immediata. Dalla panchina, in cui dispiace per un Setién attualmente inadatto, a soprattutto la dirigenza, incompetente in queste stagioni sul mercato. Il Barcellona ha bisogno di rigenerarsi, di ritrovare un’anima, un suo stile, quell’identità che l’ha contraddistinto nel corso di questa meravigliosa era calcistica giunta alla fine dopo un 8-2 che non può essere ulteriormente commentato. E che senza provvedimenti seri potrebbe anche non rimanere isolato.
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