Sembrava tutto disegnato per questo: Argentina-Brasile in finale, apologia del calcio arrivata con sette anni di ritardo. Al Maracanã si sarebbero dovute affrontare nel 2014 al Mondiale, ma le assenze di Neymar e Thiago Silva facilitarono il lavoro in semifinale alla Germania, protagonista dello storico 7-1 che ci ha negato la prima storica finale iridata tra le due grandi del Sudamerica.
In Copa América invece di finali ne hanno giocate tante, ma era dal 2007 che Argentina-Brasile non decideva il torneo. Vinse il Brasile per 3-0 nonostante le convocazioni di una sorta di nazionale B: Josué, Mineiro, Elano, Vágner Love, questi convocati nell’era di Kakà, Ronaldinho e gli altri fenomeni contemporanei. Fu una finale storica, la più umiliante della storia dell’Argentina, ma anche la prima di Lionel Messi in nazionale maggiore (aveva già giocato e vinto quella olimpica di Atene). In totale Leo ne ha giocate quattro e non ne ha vinta nessuna, ma ora ha la quinta occasione, qualcosa che non capita proprio a tutti.
L’avversario è più forte, per certi versi proibitivo, ma lo scenario della vendetta è ben apparecchiato: il teatro è lo stesso della finale persa contro la Germania, l’avversario quello della sua prima sconfitta. In un colpo solo lui e l’Argentina possono ribaltare anni di sconfitte arrivate a un passo dalla Copa e consegnarsi un trofeo che legittimerebbe la leggenda di uno dei calciatori più forti di tutti i tempi, se non il più forte in assoluto.
D’altronde mai come in questa Copa América Messi ci ha messo la faccia: due anni fa aveva tirato fuori il carattere scagliandosi contro arbitri e federazione, aveva provato a trascinare la squadra ma si era dovuto arrendere nonostante un buonissimo torneo disputato. Da buonissimo quest’anno è diventato eccellente, dominato in tutte le partite, comprese quelle più difficili. Anche con la Colombia è stato imprendibile e solo il palo gli ha negato la gioia di esultare prima dei calci di rigore, dove comunque è stato impeccabile.
Certo, rispetto ad altre volte la torta va spartita anche con altri: Di María, che con il suo subentro ha dimostrato di meritare più minuti rispetto a Nico González, ma soprattutto Emiliano Martínez, che ha parato tre calci di rigore, tutti calciati alla sua sinistra, con una lucidità degna di un grandissimo portiere.
👋 Buenas noches albicelestes 🇦🇷, hoy todos soñamos con él y su vuelo que nos llevó a la final. ¡Gracias de nuevo, @emimartinezz1! 🙌 pic.twitter.com/xxfCahLjhw
— Selección Argentina 🇦🇷 (@Argentina) July 7, 2021
Se Messi sta dominando da una parte, Neymar lo sta facendo dall’altra: sarà lui il grande amico da sfidare. Un testa a testa che sa anche di spareggio per il Pallone d’Oro: difficile che dopo una Copa così il vincitore del torneo non porti a casa anche il massimo riconoscimento individuale, per la storia e lo status del giocatore, ma anche per il simbolismo del primo grande titolo vinto in nazionale in carriera. Tutto sembrava scritto per portarci a questa finale e così è stato: Argentina-Brasile è la storia del calcio e avere una finale così dà enorme lustro anche a una criticatissima edizione di Copa América.
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