La nuotatrice transgender Lia Thomas perde la causa legale e non andrà a Parigi 2024. Cosa è successo

Nel 2022 aveva fatto parlare di sé per i risultati ottenuti in alcuni tornei americani, ma adesso sarà costretta a guarda i Giochi Olimpici dalla tv senza poter gareggiare ed esaudire così il suo sogno

Niente Olimpiade a Parigi, che inizieranno il prossimo 26 luglio, per la nuotatrice transgender Lia Thomas. L’atleta statunitense ha perso la causa legale contro World Aquatics (la Federazione internazionale di nuoto) presso il tribunale arbitrale per lo sport. Nel 2022 aveva fatto parlare di sé per i risultati ottenuti in alcuni tornei americani, ma adesso sarà costretta a guardare i Giochi Olimpici dalla tv senza poter gareggiare ed esaudire così il suo sogno. Ma cosa è successo? Thoman aveva fatto causa a World Aquatics per via di un regolamento introdotto nel 2022, (simile a quelli di altri sport) secondo il quale chiunque abbia attraversato “qualsiasi momento della pubertà maschile” non può in alcun caso gareggiare nella categoria femminile delle competizioni “d’élite”, tra cui i campionati mondiali e l’Olimpiade.

In sostanza, questo nuovo regolamento esclude chi ha effettuato una transizione di genere dopo i 12 anni dalla possibilità di partecipare a gare di nuoto di un certo livello di agonismo. Da parte sua, la nuotatrice ha sostenuto che le nuove regole introdotte dalla Federazione siano “non valide e illegali” (perché violerebbero la Carta olimpica e la Costituzione mondiale degli sport acquatici), il verdetto del Tas le ha dato torto, sancendo la sua esclusione dai Giochi di Parigi.

Il caso al Tas

World Aquatics aveva introdotto le nuove regole dopo che Thomas aveva battuto la nuotatrice Emma Weyant, già medaglia d’argento olimpica, in una gara di stile libero femminile nel 2022 ai campionati universitari statunitensi. Secondo la Federazione, le donne transgender hanno dei vantaggi fisici significativi (relativi a resistenza, potenza, velocità e forza) rispetto alle donne cisgender. Si tratta di un “grande passo avanti nei nostri sforzi per proteggere lo sport femminile”, ha spiegato la World Aquatics. E ancora: “Ci si impegna a promuovere un ambiente che promuova l’equità, il rispetto e le pari opportunità per gli atleti di tutti i sessi e riaffermiamo questo impegno. Le nostre politiche vengono continuamente valutate per garantire che siano in linea con questi valori fondamentali”.

L’esclusione

“È un grande passo avanti nei nostri sforzi per proteggere lo sport femminile. Ci si impegna a promuovere un ambiente che promuova l’equità, il rispetto e le pari opportunità per gli atleti di tutti i sessi e riaffermiamo questo impegno. Le nostre politiche vengono continuamente valutate per garantire che siano in linea con questi valori fondamentali”, questo è quanto dichiarato dalla Federazione internazionale di nuoto. Non solo il nuoto, ma anche l’atletica leggera o il ciclismo hanno escluso le atlete trans che hanno attraversato la pubertà come maschi. E anche il rugby ha istituito un divieto totale, mentre altre competizioni prevedono requisiti più severi per sopprimere i loro livelli di testosterone.

Piscina
Piscina | pixabay @ Seidenperle

In sostanza, l’argomento centrale intorno a cui hanno ruotato le restrizioni riguarda i vantaggi ottenuti durante la pubertà maschile, alimentata dal testosterone, nei termini (irreversibili) di spalle più larghe, mani più grandi, torsi più lunghi e maggiore massa muscolare, forza, densità ossea e capacità cardiaca e polmonare.

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