“Usare le parole per descrivere la magia è come usare un cacciavite per tagliare il roast-beef”. Tom Robbins non usa di certo mezzi termini: anche il racconto più preciso e dettagliato sarà sempre troppo incompleto per descrivere la magia in tutte le sue forme, specie quella che accade entro i confini di Watford.
Situata sulle sponde del fiume Colne, la cittadina oscurata dalla bellezza della vicina Londra, troppo affascinante ed attrattiva per passare in secondo piano, conserva in sé un alone magico e misterioso, alimentato dal fatto di essere a tutti gli effetti la culla di una saga cult come quella di Harry Potter. Gli Studios attirano ogni anno orde di maghi che, muniti di bacchetta e qualche formula magica, provano a ripercorrere il cammino del giovane Harry con una sorta di sacra devozione che solo luoghi del genere possono conservare anche a distanza di anni dalla fine delle riprese.
C’è però a Watford anche un altro importante luogo di culto, altrettanto frequentato da migliaia di persone di tutte le età, speranzose di vivere una storia tanto bella da superare addirittura quella partorita alla geniale mente di J.K. Rowling: si tratta del Vicarage Road, il piccolo tempio dove il Watford sta provando a spiccare il volo assieme alle grandi della Premier League. Non è un caso infatti che la squadra di Marco Silva nelle prime sei partite di campionato sia riuscita a totalizzare ben 11 punti, stazionando così assieme ai ben più blasonati Liverpool e Tottenham al terzo posto in classifica (sesto, tenendo conto della differenza reti), a soltanto cinque lunghezze dalla vetta ancora saldamente nelle mani delle due grandi di Manchester.
A rendere ancora più magica la situazione è il fatto che gli Hornets non hanno veri e propri fenomeni in squadra come le attuali dirette rivali: nessun de Gea, nessun Aguero, nessun Salah, nessun Alli, il vero asso nella manica del Watford siede in panchina e porta il nome di Marco Silva. Essere un allenatore portoghese discretamente bravo fin dalla giovane età fa piombare immediatamente su di te grandi aspettative e paragoni scomodissimi con uno dei signori del calcio, José Mourinho, guarda caso di istanza anche lui in Inghilterra. Non è facile vivere all’ombra di un connazionale così importante, ma Silva con il suo Watford sembra convivere alla perfezione con questo grande fantasma: dopo aver fallito l’obiettivo salvezza con l’Hull City, squadra troppo debole ed incompleta per resistere nel duro mondo della Premier League, il lusitano ha abbracciato appieno il progetto inglese della famiglia Pozzo, riuscendo addirittura ad esordire con il botto grazie a pareggio a tempo scaduto contro il favorito Liverpool nella gara inaugurale di questa stagione.
Chiamatela magia, chiamatela fortuna, chiamatela bravura: Marco Silva sembra essere a tutti gli effetti un
predestinato e le prestazioni del suo Watford danno credito a questa tesi, da prendere sempre con le pinze dato che i paragoni con Mourinho hanno già creato più di qualche danno (come Villas Boas, esaltato e poi consegnato al dimenticatoio nel giro di pochissimo tempo). Il dato di fatto più lampante però è che gli Hornets vincono pur senza eccellere e senza pompare le statistiche con grossi numeri: la squadra dei Pozzo infatti non solo ha una delle difese più bucate di tutto il massimo campionato (10 reti subite in 6 gare), ma non ha neanche un attacco particolarmente brillante, privo di un riferimento offensivo capace di trascinare i compagni ad ogni partita, almeno fino ad ora.
Nonostante i numeri infelici la situazione è praticamente al polo opposto, perché il Watford in questa stagione ha perso soltanto una volta contro il Manchester City che gli ha brutalmente rifilato sei reti lo scorso 16 settembre; per il resto gli Hornets sono riusciti ad accumulare due pareggi e addirittura tre vittorie, un bottino davvero niente male per una piccola del calcio inglese. Certo, gli avversari non saranno stati di grande calibro (eccezion fatta per lo sfortunato Liverpool nella partita d’esordio), ma Marco Silva è riuscito a non capitolare contro squadre all’altezza del suo Watford come il Southampton, rispedito a casa con un secco 2-0.
Il segreto degli Hornets sembra essere la grande capacità di adattarsi all’avversario, di trasformarsi di volta in volta e, con l’aiuto di un incantesimo sempre diverso, riuscire ad imbrigliare il nemico: dal più tradizionale ed utilizzato 4-3-3 al rinforzato 4-2-3-1, con Gray nel perfetto ruolo di prima punta ed una giovane promessa come il brasiliano classe ’97 Richarlison a fargli da supporto, gli Hornets non mostrano mai un atteggiamento arrendevole, complice della grande spinta di Silva che lo scorso anno era riuscito a motivare (entro i limiti del possibile) anche una squadra ormai condannata come l’Hull City.
Non sappiamo se il portoghese possa essere a tutti gli effetti il degno erede di Mourinho e neanche se questo incantesimo durerà a lungo: fatto sta però che a Watford tutti credono in un sogno apparentemente quasi impossibile, ma che paradossalmente ha già in sé lo scenario giusto per dar vita ad un’altra storia ugualmente belle e coinvolgente. E se i dettami di Marco Silva non dovessero bastare, ci penserà il buon Harry con la sua fedele bacchetta a far volare gli Hornets con l’aiuto di un Wingardium Leviosa.
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