La Lazio si gode Nuno Tavares, sbanca Torino e si candida come una delle principali accreditate per raggiungere l’Europa che conta. Il 3-2 dell’Olimpico, casa granata, lascia in eredità la sensazione che una squadra costruita a fari spenti e fra lo scetticismo generale, possa recitare da protagonista.
La Lazio di Baroni e Fabiani è figlia di un lavoro certosino e, alla luce di quanto visto in queste prime sei giornate di campionato, piuttosto sottovalutato. Un mercato senza grandi nomi, a cominciare da un allenatore alla prima esperienza in una squadra ambiziosa, dopo l’addio amaro di Sarri e la separazione burrascosa da Tudor. Invece Baroni, con l’umiltà di chi si è costruito una professione e una credibilità attraverso una lunghissima gavetta, si sta dimostrando all’altezza della situazione. La sua Lazio ha una impronta chiara, propone un calcio propositivo, dai ritmi alti, ma non spericolato, nonché camaleontico.
I biancocelesti mantengono le loro caratteristiche e si adattano alle pieghe della partita, cambiando pelle e modulo in relazione alle necessità. Il momentaneo secondo posto è la migliore risposta allo scetticismo. Un risultato agevolato anche dalle intuizioni di una dirigenza che, lavorando egregiamente sul rapporto qualità prezzo, ha allestito un undici competitivo puntando anche sulla voglia di riscatto e le qualità di calciatori poco apprezzati negli ultimi anni. Due nomi su tutti, Dia e Tavares.
Dia, per certi versi, non è una sorpresa. Il calciatore, prima di entrare in rotta di collisione con la società, era uno dei gioielli della Salernitana e vederlo timbrare il cartellino con regolarità rientra nella logica di un investimento mirato. Ha sorpreso invece Nuno Tavares che, numeri alla mano, ha scritto un record storico: è il primo calciatore di serie A capace di mettere a disposizione dei compagni quattro assist nelle prime quattro partite in cui è sceso in campo. Due contro il Milan, uno contro la Fiorentina e poi quello a Guendouzi nella sfida con il Torino.
L’esterno, arrivato per coprire una lacuna a sinistra e sostituire Marusic e Pellegrini, mai realmente incisivi in biancoceleste, era uno scarto di metà luglio dell’Arsenal. Lasciato andare da Arteta senza troppi rimpianti, si è rivelato, come spesso accade (ed è un dato che dovrebbe far riflettere, ma questo è un altro discorso) a chi arriva dalla Premier League, un calciatore in grado di spostare gli equilibri. Corsa, inserimento, tempi di gioco, le sue qualità migliori. Era l’esterno che serviva alla Lazio che con il portoghese e Zaccagni ha una catena di sinistra che, in Italia, ha pochi eguali.
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