Allenare in Portogallo, questione di stile, non solo di filosofia. In un calcio che ormai è una vera e propria palestra di futuri campioni e una scuola di grandi innovatori in panchina, c’è una caratteristiche che differenzia il mondo portoghese dagli altri: la fascia al braccio degli allenatori.
Non è difficile notarla, basta vedere qualsiasi partita di campionato o tornei nazionali e ogni allenatore porterà al braccio sinistro una fascia come quella da capitano. Colori sociali e stemma del club: c’è chi la porta come il capitano, chi all’altezza del gomito, chi sull’avambraccio, ma è obbligatorio per tutti portarla. E nel caso non lo si facesse arrivano anche multe pesanti: Sergio Conceiçao per esempio è stato multato nello scorso campionato per non aver messo la fascia al braccio con una sanzione di più di 2.000 euro, per rendere meglio, più del doppio rispetto a quanto il Porto stesso ha dovuto pagare nella stessa partita per essere rientrato in ritardo dagli spogliatoi all’intervallo.
La fascia al braccio è obbligatorio in ambito nazionale, ma nelle coppe europee diventa invece facoltativa: gli allenatori dei club portoghesi impegnati in eventi internazionali possono scegliere se portarla al braccio o meno. In una terra particolarmente stravagante, c’è chi ne fa poi un uso tutto suo: l’attuale allenatore Campione di Portogallo Ruben Amorim per esempio, uno che non ama un dress code particolarmente elegante ma preferisce mantenersi in abiti sportivi, nelle partite estive allena con una semplice t-shirt e porta la fascia a pelle sopra l’avambraccio.
Una pratica molto portoghese che per qualcuno può anche sembrare inutile, ma che è certamente distintiva. In panchina come se si fosse il capitano, storia di una tradizione tutta della Primeira Liga che ormai dura da anni.
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