La gita a La Coruña di Footbola
Una folle domenica spagnola ci porta a spasso per la Galizia, in un viaggio piuttosto rapido che conduce da Santiago de Compostela a La Coruña.
Mezz’ora di treno direzione nord in mezzo ai boschi galiziani, macchia dominante della parte occidentale della Comunità Autonoma lontana dalle fredde montagne del confine con le Asturie e dalla nebbiosa provincia di Lugo. Il tempo di qualche pensiero su un viaggio in una città sconosciuta, qualche appunto mentale sulla partita di questa sera e ci siamo: stazione di La Coruña.
A differenza delle altre città La Coruña ha la stazione piuttosto lontana dal centro e la lunga passeggiata che ci porta dai binari ai luoghi storici ci fa assaporare la vera e costante compagnia della città corugnese: il vento.
Un cielo grigio e minaccioso maschera una città dale mille risorse, orgogliosa delle proprie tradizioni e fiera dei personaggi locali, come Daniel Carballo, scrittore e gioralista del XIX secolo esaltato nei colorati giardini di Méndez Nuñez. La passeggiata in mezzo al verde della città ci spinge verso il cuore pulsante della vita di La Coruña, la zona prossima al porto.
La Galizia è una regione storicamente isolata e vincolata al mare e i primi segnali di vita di una città assonnata si vedono nella splendida Praza Maria Pita, che celebra l’eroina che durante il regno d Filippo II si oppose all’armata inglese in difesa della città di La Coruña.
Il breve tempo di una frittura di pesce per assaggiare i sapori locali, ovviamente devoti alla tradizione della pesca dei mariscos, e si va verso il Riazor perché il vero scopo della giornata è andare a vedere la partita tra Deportivo e Granada.
Le strade di La Coruña quasi ti obbligano a scegliere la via del lungo mare che si presenta con un aspetto spaventoso esaltato in maniera terrificante da un cielo che mescola il grigio e un blu pietrificato con le violente onde che si scagliano sulla spiaggia di Riazor.
Lo spettacolo è al limite tra il romantico dello sturm und drang e il tenebroso e la città sembra di nuovo scomparire. Il vento qui picchia forte, dà la sensazione di trascinarti via da un momento all’altro distogliendo la vera attrazione di questo posto: il golfo.
In questa sorta di baia emergono due promontori contrapposti, sempre innalzati sul livello el mare con la tipica costa rocciosa galiziana: a ovest il grande obelisco che spia la città dal suo punto più alto; a est la Torre di Hercules, autentica meraviglia locale che in questo contesto vicino al tetro sembra quasi rifiutare i raggi del sole.
La Torre di Hercules è un faro di età imperiale, costruito sotto l’imperatore Adriano con scopo di avvistamento per proteggere Brigantium, denominazione latina di La Coruña, e rimasto come semplice fortezza dall’età medievale in poi.
La Playa di Riazor come suggerisce il nome è adiacente all’omonimo stadio, fortino di un Deportivo che non sa più vincere. Il tempo del turismo è finito e ora ci dobbiamo proiettare in ottica Liga. Un giro di perlustrazione intorno allo stadio in attesa dell’arrivo dei due pullman che ci lasciano capire le sensazioni della gente: nonostante 9 partite senza vincere il popolo deportivista acclama la propria squadra al suo arrivo e l’atmosfera sembra delle migliori.
La città vive il calcio in maniera sentita ma riesce a non andare contro ad una squadra in costante difficoltà di risultati da due mesi: tanti applausi per i giocatori, nessun coro contro il Celta e questo fa già notizia: tante le celebrazioni al di fuori dello stadio per il Deportivo degli anni 2000 campione di Spagna ad inizio millennio e protagonista in Champions con figure mai dimenticate del calibro di Makaay, Valeron, Rivaldo, Mauro Silva e del Rifle Pandiani.
Ritiro il mio accredito e trovo nella tribuna stampa un po’ di riparo da un vento che è sempre meno tollerabile. Durante la gara scopro una curva divertente che rimarca i principali cori sudamericani in versione Deportivo con il piacevole accompgano acustico dei tamburi, nostalgico ricordo tristemente negato al tifo italiano per motivi francamente poco chiari.
Il Granada fa il colpaccio al Riazor trascinato da uno scatenato Adalberto Peñaranda: il pubblico fischia a fine gara i calciatori applaudono la propria gente e smorzano l’inevitabile delusione. La stampa a fine partita è decisamente morbida con allenatore e giocatori nonostante il decimo incontro consecutivo senza vittorie: tutti remano assieme a Victor Sanchez alla ricerca di una soluzione per trascinarsi fuori da una crisi troppo lunga; un ambiente molto sereno dove ogni problema si può risolvere senza drastiche soluzioni.
Nel viaggio di ritorno dallo stadio alla stazione il vento mi concede una meritata tregua e posso finalmente rincasare a Santiago: nel treno di vuelta penso al vento, all’Oceano spaventoso, al Depor che ha una buona squadra ma proprio non riesce a vincere; penso a un piacevole viaggio in una terra sconosciuta in cui sono andato incontro al calcio, alla storia e alla geografia, tre sinonimi della mia definizione di passione.