Da derby a derby, passando per la Juventus e l’Atalanta, da Frattesi a Lautaro, gli highlights della seconda stella nerazzurra
Nel modo più inaspettato, più bello per i tifosi, nella maniera più convincente possibile. L’Inter ha vinto il suo ventesimo scudetto, quello della seconda stella, e lo ha fatto dominando il campionato, chiudendo i giochi già ad aprile battendo proprio la seconda in classifica, il Milan, in una di quelle giornate che rimarranno nella storia nerazzurra (e non solo). Ma se l’apoteosi, la ciliegina su una stagione quasi perfetta (una sola sconfitta fino a questo momento), è appunto nel derby di ritorno, proviamo a vedere quali sono i passaggi chiave della squadra di Simone Inzaghi, vittorioso per la prima volta in campionato, dopo che in nerazzurro aveva già guadagnato Supercoppa e Coppa Italia.
Intanto un po’ di numeri, perché sicuramente spiegano già tante cose, su come l’Inter abbia saputo gestire anche momenti non brillantissimi, ma dove ha sempre, o quasi, portato a casa punti. Nel day after dello scudetto sono 79 i gol fatti e 18 quelli subiti, neanche a dirlo, miglior difesa e miglior attacco, anche con un distacco importante dalle altre. Un distacco che si certifica proprio nella doppia sfida con i cugini che ad oggi rappresentano la prima delle (ex) inseguitrici. Proprio dal derby d’andata possiamo partire, quel 5-1 che tanto ha significato sulle due sponde del Naviglio, chi prendeva consapevolezza di poter fare qualcosa di importante, e chi, proprio nell’ennesima stracittadina persa, vedeva sgretolarsi le certezze accumulate fin lì.
Il Milan parte bene in campionato, così come l’Inter, e il primo derby della stagione, nonostante un recente passato a senso unico (solo pochi mesi prima ci fu il confronto in Champions League), sembra molto equilibrato. E invece… Invece è sempre la stessa storia all’ombra della Madonnina, Inter troppo superiore ai cugini, che gigioneggia a centrocampo con il trio Barella, Çalhanoglu e Mkhitaryan, poi Thuram ci mette del suo portando a spasso la difesa rossonera, Frattesi mette la firma nel finale (un gol non banale per lui, per l’Inter e per la stagione) ed è 5-1 per i nerazzurri, con la sensazione che, forse, quest’Inter, dopo Istanbul, è ancora più convinta dei propri mezzi, più conscia di dove può arrivare. Le avversarie sono avvisate, chiunque voglia lottare per lo scudetto dovrà fare i conti con il Biscione.
Un match mai banale, vuoi per i corsi e ricorsi storici (5 maggio, ma anche il 2-3 di Vecino che riporta i nerazzurri in Champions, solo per citarne un paio), vuoi perché per Simone Inzaghi questa non sarà mai una partita normale, dopo 25 anni passati in biancoceleste tra campo e panchina. È metà dicembre, e contro la Lazio l’Inter si gioca già un match importantissimo, il classico crocevia fondamentale. E lo porta a casa, come spesso accadrà in trasferta, con una facilità e maturità che solo le grandi squadre hanno, con i gol di Lautaro e Thuram a chiudere il cerchio di una notte quasi perfetta, una delle tante dell’annata del Biscione.
Però non può girare tutto bene, ci sono giornate che le gambe non girano, che senti che qualcosa non funziona, gli automatismi non riescono, gli avversari ripartono un po’ troppo spesso, ti mettono in difficoltà. Ma è proprio in queste giornate che si costruiscono le grandi imprese, allora è inevitabile passare per quel pomeriggio dell’Epifania, contro l’Hellas Verona. Cosa dire di quella partita? In uno dei finali di gara più assurdi che ci si ricordi, dopo l’iniziale vantaggio nerazzurro, gli scaligeri pareggiano grazie al gol di Henry, Frattesi (e chi sennò?), segna a tempo scaduto tra le proteste della squadra di Baroni per un contatto tra Bastoni e Duda non ravvisato dall’arbitro. Stacco, azione dopo, rigore per il Verona che può valere il pari. Sul dischetto si presenta ancora l’attaccante francese ex Venezia che stampa il pallone sul palo. Inutile anche specificarlo, classica partita in cui si dice: “Questo è l’anno giusto”.
Doveva essere la partita scudetto, e quanto tempo sembra passato, ma effettivamente ad inizio febbraio Inter e Juve combattevano punto a punto, e il derby d’Italia sembrava poter essere uno spartiacque verso il rush finale. Spartiacque che effettivamente c’è stato, e che ha chiarito, se mai ce ne fosse bisogno, la sostanziale differenza di gioco, idee e individualità che c’è tra le due squadre. Calhanoglu sugli scudi, forse in una delle migliori prestazioni della stagione, poi Pavard, ma anche Thuram e ovviamente Lautaro, l’Inter fa sfoggio dei suoi talenti migliori, ma a segnare il gol decisivo è Gatti, nel tentativo di anticipare il 9 nerazzurro. L’abbiamo già detto che c’era il sentore che fosse l’anno buono?
Ci sono tante prove di forza dell’Inter di quest’anno, tante pratiche sbrigate in poco tempo, anche contro avversari blasonati e in un ottimo stato di forma. È questo l’esempio di Roma-Inter (2-4), con i giallorossi in vantaggio ma rimontati e superati, però per l’andamento della gara, per i protagonisti, scegliamo il match di fine febbraio con l’Atalanta. Sì, perché il primo gol è di uno dei simboli di quest’Inter, Matteo Darmian, prototipo del giocatore che ogni grande squadra ha, poi per la rete di Lautaro, una perla dalla distanza. Ancora una volta il collettivo e la magia individuale, la ricetta perfetta che Simone Inzaghi ha cucinato per questa Inter.
Il derby di ieri sera rimarrà nella storia, una data che a Milano ricorderanno a lungo, perché rappresenta un punto, ci sarà un prima e un dopo il 22 aprile. Prima del 22 aprile 2024 nessuna squadra aveva mai vinto uno scudetto così, in casa del nemico storico. Ieri sera invece il sogno nerazzurro, e l’incubo del Diavolo, è diventato realtà. Inter ancora superiore, troppo superiore, a un Milan che paradossalmente gioca uno dei migliori derby dei sei consecutivi persi, soprattutto con un finale di cuore e agonismo (anche troppo), che però non rovina la festa ai nerazzurri, che festeggiano il loro ventesimo scudetto, mentre la musica sparata a massimo volume degli altoparlanti dello stadio cerca di annullare, a fatica, quelle parole che sono diventate un’istituzione a San Siro: “E, per la gente che…”.
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