Hakan Hellstrom è un cantante salito alle prime luci della ribalta nell’autunno 2000, con l’uscita del suo album “Kann ingen Sorg för mig Göteborg”. Da lì in poi venderà 80mila copie (ottenendo quello che in Svezia è il disco di platino) e 7 dei suoi 8 album in carriera raggiungeranno il primo posto nella Sverigetopplistan, che stila la classifica della musica di maggior successo nel paese scandinavo. Un suo concerto, il 5 giugno 2016, riempirà l’Ullevi di Göteborg: la prima traccia del suo primo album, manco a dirlo, è appunto quella che dà il nome alla raccolta. E di cui vi parlerò adesso. Perchè trattare argomenti così tristi e malinconici in modo così melodico rappresenta al meglio l’idea che a Göteborg hanno a proposito dell’IFK.
“Dammi l’arsenico
Perché la città è piena di vecchia e tragedia
La polvere mi aiutava, veramente
Scrivi questo sul giornale perché io crollai e mi svegliai alle 5″
Idrottsföreningen Kamraterna Göteborg, si chiama. La sua bacheca è pienissima: 18 titoli di Svezia, 7 Svenska Cupen, due Coppe UEFA (1982 e 1987), unica squadra scandinava ad aver trionfato in competizioni europee. Blåvitt, biancoblù, Änglarna, angeli, Kamraterna, compagni. Se dovessi descrivete l’IFK con tre parole, molto probabilmente sceglierei i suoi soprannomi. Perchè quello che trapela dalle parole tramutate in musica da Joel Alme (autore dell’inno del club, Snart skiner Poseidon) è una celebrazione di un’aristocrazia che a sentirla adesso pare tristemente decaduta. Ecco perchè il tono così nostalgico e malinconico di Hakan Hellstrom descrive così bene questo momento. Il 4 ottobre 1904, nel punto più nevralgico possibile del vastissimo Västergötland, una ventina di ragazzi si riunì presso il Café Olivedal e non se ne andò fino a quando non furono dati i natali all’IFK. I primi anni saranno un connubio perfetto tra risultati e regalità. Nel 1908 arrivò il primo campionato, oltre alla Svenska Mästerskapet. Due anni dopo furono adottati i colori sociali che permangono ancor oggi, mentre nel 1912 una pazza amichevole contro la selezione olimpica nazionale scatenò l’orgoglio di tutto un popolo. Il pari esaltò un tifo passionale come pochi portando alle celebrazioni della stampa locale: “la migliore squadra di calcio svedese fino ad allora comparsa”. Ignari del futuro, non potevano sapere che il bello sarebbe stato lì, poco oltre quell’istante: tra 1913 e 1917 la Svenska Serien fu solo affare solo. Con l’avvento dell’Allsvenskan (1924), arrivarono un secondo posto e il debutto di uno dei massimi idoli di sempre. Filip Johansson, professione attaccante, soprannominato “Svarte-Filip”: il suo score a fine stagione parlerà di 29 reti in 22 gare. Capocannoniere della manifestazione, of course.
Fratellino, non diventare come me da grande
Tu stavi alla porta e dicesti: Sarà tutto questo così io morirò
Fratellino, non diventare come me
Nel 1935 a Göteborg si festeggia. E’ arrivata la prima Allsvenskan, dopo otto volte sul podio. Pareva una bellissima incompiuta, divenne realtà. Ma come tutte le cose, anche la gioia ha una fine: la seconda metà degli anni ’30 è storicamente presa in considerazione come l’inizio di una profonda crisi che culminò con la retrocessione in Superettan (1937-38). Una macchia da cancellare seduta stante, e infatti dopo un solo anno di purgatorio arrivò il ritorno nella categoria che meritava. Ma per un buon decennio pieno sarà un continuo andirivieni: nel 1946/47 si mise in luce la punta Gunnar Gren, poi premiato col Guldbollen (onorificenza riservata al miglior giocatore del campionato), ma quando la stella lasciò arrivò la seconda, beffarda, retrocessione. Correva l’anno 1949. Ma al pari dell’araba fenice l’IFK seppe risorgere dalle sue ceneri, e il 1958 vide la prima storica partecipazione alla Coppa dei Campioni. Da lì in poi un tranquillo anonimato, poi nel 1969 ecco un nuovo titolo di Allsvenskan. E siccome a Göteborg le montagne russe piacciono e non poco, arriva un’altra retrocessione. Ma questa volta la risalita sarà più lunga e tortuosa: tre stagioni di purgatorio, poi nel 1976 si consumò il ritorno a casa. Mai così atteso e sperato.
“Non provare alcun dolore per me, Goteborg
E Singoalla crede, che il cielo ci sia e io sia perso
Ma non provare alcun dolore per me Goteborg”
Era il 1978 quando sulla panchina biancoblù si insediava un giovane Sven-Göran Eriksson. Nonostante la poca esperienza, le sue idee furono chiare e rivoluzionarono l’IFK: ecco il modello Swenglish. Il suo 4-4-2 compatto e fondato sulla cosiddetta pressione a supporto portò un secondo posto in Allsvenskan e la primissima Svenska Cupen nella bacheca della società. Quattro anni dopo, in seguito a campagne di rafforzamento massiccio, il club si fermò solo ai quarti di Coppa UEFA. Nel 1982 la situazione economica precipitò, tant’è che il consiglio societario fu sciolto e i tifosi furono costretti a contribuire alle spese per la trasferta a Valencia. Un’onta dalla quale venne partorito un risultato storico: di quel 1981-82 resta infatti la Coppa UEFA, vinta battendo per 4-0 l’Amburgo in finale doppia. Quello di Eriksson fu un vero e proprio miracolo da parte della finalista meno accreditata sulla carta: i tedeschi guidati da Felix Magath a centrocampo e Horst Hrubesch in attacco subirono però un 1-0 in casa che pregiudicò il ritorno (decisivo all’88’ Holmgren). E due settimane dopo al Volksparkstadion fu 0-3: Corneliusson, Nilsson e Frederiksson su rigore i marcatori. Sempre nel magic moment, il conto di Allsvenskan portate a casa arrivava quell’anno a quota otto, mentre quello di Svenska Cupen vide una seconda affermazione della squadra. Si era aperto un periodo roseo, durato 15 anni, con il Göteborg che si stava affermando stabilmente nel panorama nazionale: 10 Allsvenskan, tre Svenska Cupen. Per tacere delle due Coppe UEFA, la seconda delle quali arrivò nel 1987. Ma l’anno prima fu raggiunta la semifinale di Coppa dei Campioni, persa però ai rigori contro il Barcellona di Zubizarreta, Bernd Schuster e Lineker. Andò meglio l’anno dopo, con la truppa di Gunder Bengtsson che trionfò appunto in UEFA nella doppia finale contro il Dundee United: 1-0 in Svezia grazie a Stefan Pettersson, 1-1 in Scozia col gol di Lennart Nilsson. E l’Allsvenskan di quell’anno, ovviamente.
Nel 1990 si chiude l’era Gunder Bengtsson e si apre quella Roger Gustafsson: dopo sei anni passati ad allenare le giovanili, ecco che arrivò la chiamata dalla prima squadra a sostituire un tecnico che aveva vinto tutto. Mutatis mutandis, tra 1990 e 1996 arrivarono 5 Allsvenskan: 38 anni, Bengtsson riuscì perfino a compiere uno straordinario percorso in Champions League. Era il 1995, e passato il turno preliminare ai danni dello Sparta Praga, pareva che la favola del Göteborg fosse destinata a fermarsi ai gironi dove l’urna fu effettivamente poco benevola: Manchester United, Barcellona, Galatasaray. Eppure, 4 vittorie, un pareggio e un ko, tra l’altro usciti indenni dal Camp Nou. In casa, 9 punti su altrettanti disponibili: era il grande IFK, il cui cammino fu stoppato dal Bayern Monaco dopo due pareggi (0-0 in Baviera e 2-2 in Svezia). Tracciando un bilancio sommario ma eloquente, posso dire che l’addio al 1900 non sia stato proprio una festa: in netto contrasto con i fasti di cui vi ho appena parlato, nel 1997 l’IFK ha concluso al secondo posto e l’anno dopo in ottava casella. Troppo poco, ma dovuto anche a qualche acquisto mirato ma rivelatosi deludente. Prima del 1998, mai nella sua storia il Göteborg aveva cambiato tecnico a stagione in corso. Eppure, le prime volte esistono. E nel 1999 l’avvento del nuovo millennio è arrivato coi biancoblù al sesto posto di Allsvenskan. Ridimensionamento.
Il nuovo millennio si è aperto con il prosieguo della crisi, e pur arrivando poco lontano al titolo in tre occasioni (2001, 2004 e 2005) l’IFK è parsa notevolmente al di sotto dello standard cui aveva abituato i tifosi. Tanta, troppa militanza nel centro classifica di Allsvenskan e soprattutto figuracce come quella rimediata in Coppa UEFA nel 2002 al cospetto dei modesti modavi del FC Zimbru. E quando finalmente sembrava esser l’anno buono, alias il 2005, ecco che pendenze fiscali dubbie hanno portato al carcere per Mats Persson: non il massimo, sebbene alla fine sia stato secondo posto. Se però è vero che dal letame nascono i fior (e mi perdoni De Andrè per l’impropria citazione), ecco che dal nulla è nato uno scudetto. In pochissimi ci avrebbero creduto, perché era una squadra composta da giovani e da gente semisconosciuta. Eppure, nel 2007, tra un Ragnar Sigurdsson e un Marcus Berg, dopo 11 anni è arrivato il titolo: le 14 della punta gli sono valse il trasferimento al Groningen, le prestazioni di Tobias Hysén lo hanno portato in Inghilterra al Sunderland. C’era anche il rischio di una vitoria in Svenska Cupen, dove però trionfò il Kalmar per 3-0. Ecco però la vendetta in Supercoppa di Svezia, coi biancorossi stavolta sconfitti per 3-1. E non solo, perché il terzo round è andato all’IFK: nella Svenska Cupen 2008, ai rigori, il trofeo ha preso la direzione di Göteborg. Nel 2009 altra finale ma questa volta la Coppa è andata all’AIK, mentre negli ultimi anni nulla più a parte la sesta Coppa di Svezia vinta nel 2013 e la settima due anni dopo, nel 2015. Nel mezzo, però, altra tristezza: nel 2012 l’IFK era dato per favorito in Allsvenskan e soprannominato Real Blåvitt quasi in omaggio al Madrid. Morale della favola? Finì settimo. E tutt’ora, pur non essendo riuscito a ripetere quanto di buono fatto nella sua gloriosa storia, è tra le tre grandi del calcio svedese con Malmö e AIK. E ottenere certe disfatte quando sei la più importante squadra di Allsvenskan per storia (la permanenza in massima serie dura dal 1977, è record), è brutto. Tanto brutto. Triste, vero?
Grazie per l’attenzione, concludo con una foto. Ecco Håkan Hellström esibirsi all’Ullevi, la casa dell’IFK. Mi piace pensare che questo pezzo sia stato creato appositamente partendo da questa foto. Perché in fondo Göteborg vuol anche dire nostalgia…
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