La Juventus di Igor Tudor esce indenne dall’Olimpico, lasciando invariato il divario che la separa dalla Roma, tenuta a distanza di sicurezza e rosicchiando un punto sull’Atalanta, in attesa di conoscere il risultato del Bologna. Tutto sommato un buon risultato.
L’1-1 maturato al termine di una partita che non è stata memorabile, lascia in eredità il solito tallone d’Achille della Juventus. La gestione difensiva nei calci piazzati. La Roma, in questa ottica, non ha mai brillato in questa stagione, perdendo per strada una delle caratteristiche peculiari che la rendevano riconoscibile, ma è tornata al gol da calcio d’angolo proprio contro la Juventus. Non esattamente un caso. Tudor, in conferenza stampa, non si è nascosto e ha ammesso il problema. “La gioia di allenare la squadra si è un po’ abbassata anche perché occorre anche pensare al lavoro. Tengo in considerazione anche i dettagli e ovviamente non mi è sfuggito il problema”.
Gli alibi, non mancano. Due terzi della difesa titolare sono out per infortunio e senza Bremer, leader difensivo, e Gatti, uno dei migliori marcatori, è oggettivamente complicato reggere l’urto, tuttavia Tudor non vuole che gli assenti diventino una giustificazione: “Gatti e Bremer ci mancano sicuramente, ma questo non significa che non si possa migliorare, soprattutto nell’attenzione. Mi è comunque piaciuto l’atteggiamento, abbiamo spinto e cercato la vittoria sino al fischio finale”. Al netto dei lavori ancora in corso e di una convalescenza ancora in corso, la Juventus di Tudor non ruba ancora l’occhio, ma neanche quella di Thiago Motta era esattamente un luna park e per quanto visto in campo, nonostante le dichiarazioni dell’ex allenatore bianconero, la differenza, c’è e si vede.
Il cambiamento, soprattutto, è nell’atteggiamento: la squadra è sempre stata presente a sé stessa, anche nei momenti di difficoltà e chi è sceso in campo ci ha messo carattere, determinazione. Ha schiacciato l’avversario e non si è disunita quando la Roma ha trovato il pareggio. In questo senso, una piccola novità: sembra che in campo ci sia maggiore legame e che tutti siano sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda. Senza girarci troppo intorno, a Tudor sono stati sufficienti 15 giorni di lavoro, ovvero due settimane, per mettere in campo una squadra nel senso più pieno del termine. Del resto, è più facile trovare una identità se ogni giocatore è inserito nel contesto aderente alle proprie caratteristiche. L’esonero di Thiago Motta, se queste sono le premesse, non sembra così ingiusto.
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