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Quando anche Oblak è costretto a cadere

La spensieratezza che incontra la responsabilità. Due modi di concepire il calcio, quasi opposti, che si sfidano. Il Benito Villamarín di Siviglia, in questa stagione più che mai, accoglie i big match con una certa attesa: a consentirglielo è il suo Betis, che diverte e si diverte. L’Atletico ha assaporato la legge vigente in Andalusia, dopo essere stato fermato sull’1-1 dal Siviglia nel giorno dell’Epifania. Ultima gara nella quale i colchoneros avevano subito una marcatura. A seguire, tre partite a rete inviolata e l’altalenante prima parte di stagione che sembrava solo un ricordo. Un fantasma tornato alla carica con la camiseta verdiblanca.

Simeone, non lo scopriamo ora, ha fatto della fase di non-possesso la sua arma vincente negli anni, e la ritrovata solidità difensiva dopo un avvio incerto va individuata nella figura del gigante sloveno che difende i legni della porta rojiblanca: Jan Oblak, presentatosi ormai 5 anni fa al pubblico madrileno in maniera promettente e cresciuto rispettando le aspettative, quasi superandole in alcuni tratti. Certo è che l’ex Benfica portava con sé già statistiche ottimali prima dell’approdo in Spagna, ma il salto di qualità effettuato lo ha reso, ad oggi, tra i migliori al mondo nel suo ruolo.

I numeri parlano di 122 reti subite in 191 partite con l’Atleti, che convogliano in un totale di 299 gare tra i professionisti condite da un passivo di 229 reti. Da capogiro, considerando anche l’età del pluripremiato Trofeo Zamora (assegnato al miglior portiere in Liga), che ha compiuto 26 anni proprio a gennaio. Se negli anni gran parte dei meriti difensivi dell’Atletico venivano dati alla sua fase difensiva e in particolare al quartetto di difensori che lo proteggevano, ora gli interventi dello sloveno risaltano in maniera lampante a tifosi e addetti ai lavori. La vera virtù di Oblak risiede, infatti, nella massima concentrazione che apporta in ogni singola gara, capace di renderlo straordinariamente efficace su ogni insidia che minaccia i suoi pali. A ciò si aggiungono esplosività, reazione e senso della posizione da fuoriclasse.

Il clean sheet portato avanti per tre partite consecutive in Liga lo ha visto protagonista in più di un’occasione, e nell’ultimo match giocato in casa del Betis sarebbe resistito se Filipe Luis non avesse commesso un’ingenuità in area tale da provocare la massima punizione. Sul dischetto Canales ha trafitto Jan, che aveva comunque intuito direzione e dosaggio del pallone, ma non è riuscito a evitare la rete. Tuttalpiù, ha fatto sì che il passivo non fosse più ampio, consentendo ai suoi di restare in gara fino all’ultimo, senza evitare la sconfitta.

Nel periodo di massima maturazione che Oblak vive, sta al Cholo ridare forma alla sua fase difensiva: che torni ad essere più che mai in guardia e ne vedremo delle belle.

Luigi Romanelli

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