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Italia, la finale U19 il primo passo verso il cambiamento

Dopo 8 anni l’Italia Under 19 è tornata in finale all’Europeo di categoria. Un traguardo importantissimo per il movimento azzurro, che negli ultimi anni non è riuscito a cogliere risultati con le formazioni nazionali.

Stasera gli azzurrini di Paolo Vanoli affronteranno la Francia. Una finale che vede l’Italia sfavorita, contro una squadra formata da giocatori che hanno già calcato i campi delle massime serie come Jean-Kevin Augustin, attaccante classe 1997 capocannoniere della competizione con 5 gol che ha già giocato 13 partite con la maglia del Paris Saint Germain. In questo Europeo 5 gol anche per l’altro attaccante francese, Kylian Mbappe, classe 1998 che nell’ultima stagione ha collezionato 14 presenze con la maglia del Monaco, esordendo anche in Europa League.

Due giocatori un gradino sopra tutti, qualità individuale indiscussa: stesso discorso dei singoli che hanno Inghilterra e Germania, due formazioni già battute da questa Italia. “Abbiamo sopperito alla superiorità individuale delle diverse nazionali che abbiamo affrontato grazie all’unità del gruppo – ha ammesso ieri in conferenza stampa il CT Paolo Vanoli –  I ragazzi sono stati meravigliosi perché a differenza dei loro coetanei non hanno avuto le stesse occasioni di misurarsi in campionati di massima divisione come è già successo per i ragazzi di Portogallo e Inghilterra“.

Proprio l’ultima frase del commissario tecnico azzurro deve fare riflettere. In Italia, a differenza di quanto accade negli altri Stati europei, sono pochissime le occasioni per i giovani giocatori di esordire nella massima serie. Basti pensare che tra i 18 azzurrini convocati per questo Europeo, soltanto in 8 hanno già esordito in Serie A ma nessuno di questi ha superato le 10 presenze. Il più “esperto” è Giuseppe Pezzella, classe 1997 che ha disputato 9 incontri nella massima serie con la maglia del Palermo.

Poi ci sono storie “comiche” come quella di Andrea Favilli, attaccante che ha messo a segno 20 gol con la Primavera della Juventus ed ha esordito in Serie A per pochi minuti contro il Frosinone. Bene, i bianconeri non lo hanno riscattato dal Livorno e Favilli dovrà ripartire dalla Lega Pro. Dall’Ardenza ripartirà anche Francesco Cassata, uno dei centrocampisti italiani di maggiore qualità ma che la Juventus ha deciso di mandare in prestito nella terza serie del calcio italiano.

Altra situazione paradossale è quella di Federico Dimarco, uno dei migliori della nazionale di Paolo Vanoli in questo Torneo e autore di ben 4 reti, di cui 2 decisive per l’approdo in finale. Bene, il classe 1997 ha esordito un anno fa in Serie A con l’Inter (appena UN MINUTO), ma per lanciarsi tra i professionisti ha dovuto giocare per sei mesi ad Ascoli, in Serie B. Adesso la chiamata dell’Empoli, prima vera chance per dimostrare tutte le proprie qualità.

Il tutto deve far riflettere l’intero movimento calcistico italiano, perché i pochi che ce l’hanno fatta a debuttare tra “i grandi” lo hanno fatto soltanto per qualche minuto o nelle ultime partite di campionato. Bisognerebbe osare di più, come fanno all’estero dove squadre come il Psg hanno il coraggio di lanciare un giocatore come Augustin, oppure nei Paesi iberici ed in Germania dove i giovani riescono a confrontarsi con importanti realtà già da giovanissimi.

In Italia siamo bloccati, una paura che non manda avanti il nostro movimento. Il problema reale nel nostro Paese è il processo di svezzamento: spesso molti giocatori restano in Primavera anche da fuori quota, poi passano in prestito a qualche club di Lega Pro o Serie B e poi, se tutto va per il verso giusto, hanno un’opportunità in Serie A oppure continuano a fluttuare nella galassia delle serie minori. Nel mentre passano anni e magari, mentre in Ligue 1 o in Bundesliga un giovane 18enne è semi-titolare, in Italia si ritagliano il proprio spazio dai 20 anni in su.

La finale degli Europei U19 raggiunta dagli azzurrini deve fare riflettere, il 2016 deve essere l’anno del cambiamento per l’intero movimento calcistico italiano. Un traguardo del genere non deve essere casuale, non deve arrivare alla Finale dell’Europeo o giocare un Mondiale U20 (ultime tre edizioni azzurri assenti) ogni otto anni: l’Italia deve essere costantemente tra le migliori nazionali giovanili.

Stasera ci sarà una finale da giocare, l’Italia partirà da sfavorita ma il risultato conterà relativamente. Bisognerà guarda al futuro, a consolidare le fondamenta del movimento calcistico. Un primo passo è stato fatto dalla Lega Calcio, con l’approvazione (seppur sofferta visti i ripensamenti di alcuni club) della riforma del campionato Primavera: il prossimo anno ci saranno gironi più competitivi, dalla stagione 2017-18 si avrà un campionato con promozione e retrocessioni, una “Primavera A” ed una “Primavera B”.

Questo deve essere soltanto l’inizio. La Primavera dovrà svezzare i giovani, per essere pronti già al grande salto in Serie A. Molti club, come ogni stagione, hanno portato diversi giocatori della Primavera in ritiro: la speranza è che restino aggregati ai vari gruppi, e che magari abbiano qualche chance. Nel bene e nel male un esempio è Palermo: Ballardini ha portato con se a Bad Kleinkirchheim due talenti cristallini come Lo Faso e La Gumina.

Il primo ha firmato il rinnovo di contratto con i rosanero e da agosto sarà in pianta stabile con la prima squadra. Un esempio positivo ma, bisogna guardare anche al rovescio della medaglia: La Gumina, classe 1996, è stato mandato in prestito alla Ternana mentre il Palermo punterà nella prossima stagione su Norbert Balogh, altro ’96 ma ungherese.

Perché cercare talenti all’estero quando il “Made in Italy” ci regala giocatori di qualità? Questa è una domanda a cui pochi sanno rispondere. In Italia serve la scossa perché i giovani italiani sono il nostro futuro. 

Giovanni Mazzola

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