Siamo usciti, già. Possiamo dar la colpa alla mentalidad spagnola, possiamo accusare Gagliardini e il suo rosso, possiamo prendercela con Donnarumma e quell’istante di ritardo col quale si è buttato in occasione della seconda rete iberica. Oppure, se preferite, si può sempre additare al complotto: in fondo, i rossi, erano reduci dal match contro una Serbia già eliminata e ne erano usciti vincitori pur con un massiccio turnover. Quanto a noi, ci era toccato sudare contro la Germania. Per di più, possiamo aggrapparci sugli specchi di Berardi (un “pirla” per l’ammonizione presa con conseguente assenza dalla semifinale) o di un Conti in versione motorino perpetuo, pur non avendo demeritato ieri Calabria. Le scusanti ci sarebbero: come già accennato GigioDonna99 è psicologicamente provato dal tira e molla col Milan, per non parlare di un Petagna che pare un palo della luce confusionario e poco incisivo. Onore a Gasperini, poi però ci spieghi come ha fatto la sua Atalanta a raggiungere l’Europa con uno del genere davanti. Oltre a tutto questo, vi può poi essere la linea “arrendista” capeggiata dai sostenitori di una notevole supremazia spagnola. Loro giocano in Champions, Bellerin e Saúl, addirittura l’hanno vinta (Asensio) e sono pure arrivati ad un soffio dall’Europa League (Jonny). Altri hanno un futuro roseo (Ceballos in orbita delle big, Vallejo tornerà al Real Madrid, Sandro è esploso al Malaga e ora c’è la fila per accaparrarselo). Noi beh, passi per Bernardeschi, vada per Pellegrini e Gagliardini, stesso discorso per Caldara- Rugani, ma siamo stati traditi. E certo anche che avere in panchina Iñaki Williams o Borja Mayoral è diverso da un Luca Garritano o un Alberto Cerri. Siamo d’accordo qui, ma in realtà avevamo già visto tutto.
Tra Israele e Polonia – La bella bandiera tricolore con su scritto “Katowice” è servita a molto, in questo Europeo. Intanto ci ha mostrato come parte della Polonia parteggiasse per noi, e l’urlo “Italia, Italia” che anche ieri si è udito n’è la prova, ma soprattutto ci ha ricordato come non fossimo in Israele. Già, perché pareva quasi di esser tornati indietro nel tempo al 2013. Allora perdemmo 2-4 la finale, ieri siamo usciti con le ossa rotte per 3-1: la differenza reti è la medesima. Come medesima è la superiorità schiacciante con cui la Roja ci ha matato, in una corrida letale in cui quelli a dover correre intorno al drappo rosso (leggi: il pallone) eravamo noi. Vuoi per l’uomo in meno, vuoi per la freschezza in meno, il toro eravamo noi. Meno marziani del 2013, ma sempre tali. Se poi a Gerusalemme era mancato l’apporto dei migliori (Verratti e Insigne: il primo si era nascosto, il secondo era limitato da una caviglia malconcia), a Cracovia idem. Non solo le squalifiche di Berardi e Conti, pure un Gagliardini poco incisivo e un Petagna invisibile. Allo stesso modo, dirà Mangia nel postpartita, di come qualche occasione a nostro vantaggio avrebbe potuto anche cambiare la partita: ieri idem, con l’inserimento di Pellegrini con annessa conclusione sul primo palo che avrebbe meritato miglior fortuna. Era il minuto 22. E lo stesso centrocampista della Roma farà lo stesso al 90′ ma concludendo addosso a Kepa. Un po’ come l’ex giallorosso Borini che a Gerusalemme segnò il 2-4 permettendoci almeno di mostrare il nostro orgoglio. Ferito, ma pur sempre tale. E il comune arbitro sloveno (nel 2013 Matej, ieri Vincic) è un’altro elemento che accomuna le due partite.
Parallelismo – Uno è figlio di Mazinho ed è nato a Lecce dove il padre giocava all’epoca. L’altro discende da José Antonio, ex attaccante dell’Elche dove pure il pargolo ha visto la luce. Il primo è brasiliano ma ha scelto la nazionale spagnola, il secondo era blanco e aveva cominciato le giovanili nelle fila merengues prima di trasferirsi dall’altra sponda del Manzanarre, quella colchonera. Hanno in comune il ruolo, sulla trequarti ma anche più in basso, anche se il primo è spesso impiegato da centrale mentre il secondo da esterno. Tutto sommato l’età li unisce (’91 il primo, ’94 il secondo), così come li unisce il ruolo di protagonista in un Europeo Under21 ai danni dell’Italia. Thiago Alcántara do Nascimento, con la camiseta numero diez indosso, ci trafisse tre volte: di testa, col destro, dal dischetto. Saúl Ñíguez Esclápez, ieri, ha fatto lo stesso: di precisione, dalla distanza, su inserimento. La prima rete, sia a Gerusalemme che a Cracovia, è arrivata su disattenzione dei centrali, e questo è un interessante elemento che mi permette di asserire come qualche erroruccio da matita blu lo possano commettere anche i Rugani e i Caldara e non solo i Bianchetti e Caldirola. In entrambi i casi, ma dov’erano? La trama della partita è sempre stata la stessa: nel 2013 gli azzurrini ci illusero rimontando con uno dei talenti più fulgidi della generazione di allora: al tempo fu un delicato pallonetto di Immobile, ieri è toccato ad un sinistro rabbioso di Bernardeschi. Ma è giusto così, perché in dieci serviva la spada piuttosto che il fioretto. Com’è anche giusto che poi, purtroppo, la Spagna abbia dilagato. A Gerusalemme con uno stop di petto e gol di Thiago, ieri con una bordata di Saúl dal sapore di dichiarazione di guerra. E comunque, Thiago dichiarerà come fosse dall’epoca dei pulcini che non segnasse una tripletta. Andando a vedere Transfermarkt, mi risulta che Saúl non avesse mai messo a segno un hattrick.
Non proprio la stessa – Tra le immagini più forti del post-partita di Gerusalemme, ecco Lorenzo Insigne in lacrime. Volendo azzardare un paragone, non fosse per la minor melanina, potremmo avvicinarlo al pianto di Balotelli dopo la finale di Kiev in cui sempre la Roja ci aveva distrutto. Ci aveva distrutto la stanchezza, ci aveva distrutto l’aver speso tutto, ci aveva distrutto il giorno in meno di riposo rispetto ai colleghi di del Bosque. Ma poco importava, perché il Balo o Lorenzo di turno stava lì a rimuginare su una grande occasione persa. Volendo trovare un paragone nella diversità, 4 furono anche le reti con cui Silva-Alba-Torres-Mata ci estromisero dal sogno. Quello con la s maiuscola, quello di Cassano e Balotelli, quello di un Europeo cominciato con la perquisizione della Guardia di Finanza e proseguito con le polemiche sui gay. Ultima precisazione: in Israele Mangia, in lacrime e ai microfoni, proferì parole assai tristi. Disse qualcosa come “sono orgoglioso, penso sia molto difficile ripetere una squadra così, in tutti i sensi”. Ma siamo davvero sicuri che un Bernardeschi/Insigne, un Verratti/Pellegrini, un Donnarumma/Bardi siano così diversi? Certo, il problema è che c’erano anche loro: Bartra/Vallejo, Koke/Saúl (paragone meno evidente di Saúl/Thiago ma più evidente nell’Atlético), Morata/Sandro, Isco/Asensio (idem con patate!). E pazienza, vorrà dire che la striscia potrebbe continuare tra quattro anni. E allora ci vedremo nel 2021, siate pronti!
Tabellino Gerusalemme 2013. Italia (4-4-2): Bardi; Donati, Bianchetti, Caldirola, Regini; Florenzi (13′ st Saponara), Rossi, Verratti (28′ st Crimi), Insigne; Immobile (13′ st Gabbiadini), Borini. A disp.: Colombi, Leali, Biraghi, Capuano, Bertolacci, Sansone, Destro, Paloschi. Ct: Mangia.
Spagna (4-2-3-1): De Gea; Montoya, I. Martinez, Bartra, Moreno; Koke (41′ st Camacho), Illarramendi; Tello (26′ st Muniain), Thiago Alcantara, Isco; Morata (30′ st Rodrigo). A disp.: Marino, Robles, Nacho, Muniesa, Alvaro, Carvajal, Canales, Sarabia, Vazquez. Ct: Lopetegui.
Arbitro: Matej (Slovenia) Marcatori: 6′ Thiago Alcantara (S), 10′ Immobile (I), 31′ Thiago Alcantara (S), 36′ st rig. Thiago Alcantara (S), 21′ st rig. Isco (S), 30′ st Borini (I) Ammoniti: Verratti, Regini, Caldirola, Crimi (I); Koke, Tello, I. Martinez (S) Espulsi: nessuno
Tabellino Cracovia 2017. Spagna (4-3-3): Kepa; Bellerin, Meré, Vallejo, Jonny; Dani Ceballos (88’Oyarzabal), Saùl, Llorente; Asensio, Sandro (78′ Williams), Deulofeu (82′ Denis Suarez). A disp: Blanco, Pau, Gayà, Mayoral, Suarez, Merino, Odrizola, Soler, Hernandez, Gonzalez. Ct: Albert Celades.
Italia (4-3-3): Donnarumma; Calabria, Caldara, Rugani, Barreca; Gagliardini, Pellegrini, Benassi (87′ Garritano); Chiesa (61′ Locatelli), Petagna (72′ Cerri), Bernardeschi. A disp: Cragno, Scuffet, Pezzella, Ferrari, Biraschi, Cataldi, Grassi. Ct: Luigi Di Biagio.
Arbitro: Vincic (Slovenia) Marcatori: 53′,65′,74′ Saùl (S), 62′ Bernardeschi (I) Ammoniti: Benassi, Gagliardini, Calabria, Cerri (I) Espulso: al 58′ Gagliardini.
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