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Inter e Conte sul banco degli imputati: ora si fa dura

Un ottimo primo tempo non può bastare come attenuante per il secondo pareggio in due partite per l’Inter di Conte. L’esordio gettato alle ortiche contro un modesto ‘Gladbach non ha insegnato nulla ai nerazzurri che confermano in questa stagione una ridotta capacità di chiudere le partite. Contro uno Shakhtar soltanto cugino di quello abbattuto per 5-0 lo scorso 17 Agosto con quattro undicesimi di quella formazione in campo questa sera, l’Inter ha approcciato bene la partita salvo poi ‘regalare’ venti minuti di nulla cosmico tra il sessantesimo e l’ottantesimo. Ancora sotto esame la gestione dei cambi di Antonio Conte che ha inserito Ivan Perisic al posto di Lautaro Martinez in una posizione non congeniale alle sue caratteristiche.

La prima mezz’ora ripercorre lo stesso copione visto in Europa League con Romelu Lukaku che tiene impegnati i centrali di difesa con il georgiano Khocholava a rivivere gli incubi di quella serata. Proprio sugli sviluppi di questo duello nasce la traversa di Nicolò Barella che, ancora una volta tra i più positivi dei suoi, calcia in demi-voleé colpendo il primo legno. Primo, sì. Perché la seconda traversa è quella su cui sbatte la punizione di Lukaku a fine frazione grazie al tocco prodigioso di Trubin, portiere classe 2001 che ha certamente figurato meglio di Andriy Pyatov.

 

I padroni di casa non hanno impensierito Samir Handanovic andando al tiro soltanto in un paio di occasioni con conclusioni poco pericolose. L’unico campanello di allarme per i ragazzi di Conte è stato rappresentato dalla catena di destra degli arancioneri con il trio verdeoro Dodô-Marlos-Teté che per un attimo manda in confusione Bastoni e Young costringendo all’ammonizione l’ex atalantino con una rapida triangolazione. Sulla stessa catena, l’Inter ha sfruttato le sponde di Romelu Lukaku per portare D’Ambrosio a inserirsi alle spalle di Kornilenko: a 7′ dall’intervallo è Hakimi a proporre questa soluzione al belga e D’Ambrosio si ritrova in area fermato soltanto dal fuorigioco.

Tutto quello che di buono ha proposto l’Inter di Conte nel primo tempo si è quasi del tutto vanificato nella ripresa con la sola (e cruciale) occasione di Lautaro sprecata malamente. Un tap-in su cui l’argentino arriva senza coordinazione dopo la respinta di Trubin su Brozovic. Dal quarto d’ora, Conte vede i suoi giocatori spegnersi senza alzare più il ritmo né creare alcun pericolo alla difesa ucraina che ha sfoderato in più di qualche occasione i dettami del catenaccio all’italiana. L’ingresso di Perisic fuori posizione e di Eriksen non hanno dato nulla all’undici di Conte con il danese, in particolare, chiamato ad aumentare il coefficiente di pericolosità della squadra senza successo.

 

La cattiveria agonistica della squadra capace di arrivare in finale di Europa League è un lontano ricordo: neanche l’esigenza di segnare una rete per continuare a giocarsi la qualificazione agli ottavi di Champions smuove il ritmo dei nerazzurri. Tanti, troppi passaggi in orizzontale e indietro, nessun tentativo concreto di alzare il ritmo nel finale di gara e, soprattutto, nessuna fretta nel recuperare o rimettere in gioco il pallone una volta perso. L’ennesimo secondo tempo a rilento porta a processo Antonio Conte e tutti i suoi giocatori. Il Real Madrid è un avversario che non perdona due volte e i nerazzurri si trovano per il secondo anno consecutivo a giocarsi la qualificazione contro la più forte del girone. Ora il destino non è più soltanto nelle mani dell’Inter.

Francesco Di Stefano

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