
Immagine | Ansa
La Coppa Italia è andata, il Napoli ha agganciato l’Inter in campionato e il Barcellona fa paura. Dopo il 3-0 nel derby, perfino io comincio a tremare
A volte una serata è solo una serata. Altre volte, è uno specchio rotto che ti costringe a guardarti per quello che sei, non per quello che pensavi di essere. Il derby perso 3-0 contro un Milan che sembrava alle corde non è solo una batosta: è un campanello d’allarme. E per la prima volta, lo ammetto: ho paura.
Non si tratta di cambiare idea sull’Inter. Questa squadra resta la più forte del campionato. Ma la realtà è che il sogno del Triplete, così vicino fino a dieci giorni fa, ora rischia di frantumarsi in un Triniente feroce e ingeneroso.
“I sogni, come i castelli di sabbia, crollano in silenzio,” scriveva Marguerite Yourcenar.
E ieri sera il silenzio era assordante. A San Siro. E dentro di me.
Riserva non è sinonimo di affidabilità
Il problema è tecnico. Tattico. Mentale. Ma soprattutto strutturale. Le riserve non sono all’altezza. Taremi è sembrato un corpo estraneo, Asslani continua a sembrare un giovincello spaesato invece che un vice-Calha, e la coppia Arnautovic-Correa fa rimpiangere persino Belfodil e Rocchi.
Lautaro, quando non segna, si trasforma in un peso che si porta tutto il mondo sulle spalle. E gli altri? Scompaiono.
“Non si vince con i titolari. Si vince con chi entra all’80esimo e cambia la storia,” diceva un certo José Mourinho.
Ecco, noi oggi, al minuto 80, abbiamo solo paura da mettere in campo. E questo, per una squadra che sogna tutto, è l’inizio del problema.
Il Napoli sorpassa di lato. E il Barcellona prepara l’assalto
Il Napoli ci ha agganciati in classifica. E ora sente l’odore del sangue. Un mese fa eravamo a +6, dominanti, in controllo. Oggi ci ritroviamo a giocare ogni partita col fiato sul collo. E il calendario non perdona. E poi il Barcellona, che sembra aver ritrovato il suo spirito da crociata europea.
A tutto questo, aggiungiamoci lo spettro fisico: le gambe pesano, la lucidità diminuisce, la pressione sale. Ecco perché il rischio di passare da leggenda a rimpianto non è più una paranoia. È uno scenario. Reale. Tangibile.
E io, che non ho mai tremato, oggi mi guardo allo specchio e vede crepe.
“Ci sono momenti in cui la grandezza si misura nel modo in cui affronti le tue crepe, non nel modo in cui le nascondi,” scriveva Camus.
E allora niente panico. Ma sì, è il momento di fare i conti.
La paura è un buon inizio. Se sai come trasformarla
Non mi vergogno di dirlo: temo il Triniente. Temo l’idea che questa Inter possa aver corso troppo presto. Ma forse è proprio questa paura che può salvarci. Perché ora non c’è più nulla da sottovalutare. Ogni partita è una finale. Ogni cambio è una prova. Ogni allenamento è una guerra.
Inzaghi ha sbagliato ieri. E i suoi uomini anche. Ma non è tempo di processi. È tempo di scelte. Coraggiose. Definitive. Se questa squadra ha dentro qualcosa di speciale, ora è il momento di tirarlo fuori. Perché se il Triplete è svanito, restano ancora due trofei. E l’Inter non può permettersi di uscire dalla stagione solo con i rimpianti in tasca.
“Quando cadi, cadi pure forte. Ma se sei Inter, rialzati come se non fossi mai caduta.”
E adesso, o si scrive la Storia.
O si torna a leggere quella degli altri.