L’Inter pareggia a Parma e, conti alla mano, si ritrova con le tasche abbastanza vuote: il 2-2 lascia in eredità due punti persi, considerando il doppio vantaggio dilapidato al Tardini.
Dal doppio vantaggio al pareggio, è un downgrade che si può tradurre quasi con una sconfitta. Era una giornata sulla carta favorevole ai nerazzurri, considerando che il Napoli non avrà comunque vita facile a Bologna. Se gli azzurri dovessero centrare il risultato pieno, Conte si troverebbe in scia all’avversario e con la possibilità di aprire il “DRS” sul rettilineo finale, complice un calendario meno intasato e più favorevole rispetto a quello dell’Inter che si riscopre sprecona. Non è la prima volta che si fa rimontare, è la seconda che spreca due reti di vantaggio, dopo il clamoroso 4-4 maturato con la Juventus. E anche in quella occasione, sono stati raggiunti dopo una flessione nella ripresa.
Emergono, fra l’altro, le flessioni del singolo che pesano sulla solidità della struttura di un impianto di gioco, fra l’altro, monocorde e senza un piano B. Asslani gioca la classica partita senza infamia né lode. Augusto dà di fatto il là alla reazione del Parma che prende fiducia dalla sua parte. Frattesi continua a non incidere, alla stregua di Zalewski. Preoccupante quanto basta anche la prova di Bisseck, che reduce dall’errore del derby, non solo non riesce a riscattarsi, ma va in enorme difficoltà e non dà mai la sensazione di essere sicuro e affidabile. Anche Acerbi inizia a sentire la carta d’identità: Man e Bonny che non saranno due fuoriclasse ma hanno la freschezza necessaria per costringerlo a una partita di rincorsa.
La sensazione, sin dallo scorso gennaio, è che l’Inter non abbia una rosa da poter gestire tre competizioni e i primi indizi sono arrivati quando la concomitanza di impegni ha favorito il Napoli. Dal Tardini, dove chi è subentrato non è riuscito a lasciare inalterata la qualità, emergono le stesse inquietudini. L’asticella di ambizioni e aspettative deve essere proporzionata alle potenzialità di una squadra che, per scelta, limiti fisici, o entrambi i fattori, non riesce mai ad affrontare al 100% un impegno perché rischia di pagare la fatica nella sfida successiva. Il giocare fra acceleratore e freno da una parte riduce il rischio di usura di chi scende in campo, ma dall’altra rischia di generare discontinuità tale da farsi sorprendere. Campionato, Coppa Italia, Champions. Il futuro è adesso e l’Inter dovrà rispondere presente.
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