
DANIEL DAL ZENNARO/DRN
Dopo il Bayern, ecco un’altra regina d’Europa. Ma lo dico chiaro: “Non siamo più la sorpresa. Siamo la minaccia”. I precedenti, le cicatrici e il piano di Inzaghi per fermare Yamal
Certe sfide non hanno bisogno di presentazioni. Inter-Barcellona è una di quelle. Un classico d’Europa che ha attraversato le ere, i cicli, le notti di gloria e le eliminazioni cocenti. Dalle corse di Ronaldo all’inchino di Mourinho sotto la pioggia del Camp Nou, fino ai gironi recenti con Lautaro a far tremare Ter Stegen e Onana a salvare l’impossibile.
Il conto storico dice 9 vittorie per il Barcellona, 4 per l’Inter e 5 pareggi.
Ma la verità, come sempre, è nei dettagli. Come quella semifinale del 2010, che ha inciso nella pelle di ogni interista una parola sola: resistenza.
Il Barça arriva da un’annata strana: meno dominante, più giovane, più vulnerabile. Eppure pericoloso. Molto. Flick ha costruito un’idea ibrida tra passato e presente. Il possesso resta il mantra, ma l’intensità verticale è aumentata. E in avanti c’è il ragazzo che fa impazzire mezza Europa: Lamine Yamal. Diciassette anni, piede sinistro da cartone animato, incoscienza totale. È su di lui che si giocherà la chiave. Ma Inzaghi lo sa.
Il piano? Bloccare le ali, ingabbiare lo spazio
Per fermare il Barcellona, non serve rispondere col fuoco. Serve spegnere il fiammifero. E Inzaghi questo tipo di partite le conosce. Non stravolgerà l’assetto, ma alzerà i giri del motore difensivo.
La linea a tre resterà solida con Bastoni, Acerbi e Pavard, ma sarà sugli esterni che si giocherà la guerra. Dumfries (o Darmian, più affidabile in copertura) dovrà sacrificarsi totalmente su Yamal, con un’attenzione maniacale sulle diagonali. A sinistra, Dimarco dovrà alternare spinta e copertura su Raphinha o chi gli capiterà.
La mediana sarà il centro nevralgico: Calhanoglu regista, Barella box-to-box, Mkhitaryan a cucire linee. Ma occhio a Frattesi, che con la sua capacità di rompere le linee potrebbe diventare l’uomo in più, anche in fase di pressing. Il Barça soffre quando perde palla con la squadra sbilanciata. E lì, l’Inter può colpire. Verticale, rapida, spietata. Come a Monaco. Come una grande squadra.
Lautaro e Thuram, la pressione sul loro possesso
Il Barcellona ha difensori tecnici ma non invulnerabili. Koundé e Christensen impostano bene, ma soffrono l’uno contro uno. Se Lautaro gioca da leader — come ormai fa sempre — e Thuram si apre per creare profondità, le mezzali blaugrana saranno costrette a correre all’indietro.
E lì, se recuperi alto, succede il disastro.
Per loro.
Il pressing dovrà essere chirurgico: non correre tanto, correre bene. Lasciare il centrale con palla ma oscurare Pedri e De Jong. Se il Barça è costretto ad alzare la palla, sei già a metà dell’opera. Sommer si esalta nella lettura. Acerbi e Bastoni fanno il resto.
E poi, ovviamente, servirà personalità. Quella che solo una squadra pronta alla gloria può permettersi. Perché arrivati qui, non basta essere organizzati. Serve crederci fino in fondo.
“Se l’Inter vuole andare a Monaco di Baviera, deve giocare come se fosse già lì.”
Non più pazza. Solo pronta
Questa Inter non è più l’outsider che va a farsi bella in Europa. È una realtà. È un problema per tutti. Inzaghi ha costruito una macchina che non ha più paura di nulla. Nemmeno del Camp Nou, nemmeno dei 17enni con l’hype alle stelle.
E io lo dico chiaro:
“Questa non è più la pazza Inter. È l’Inter pronta a diventare leggenda.”
Il Triplete è un’ombra che si allunga. Ma stavolta non fa paura. Fa da stella polare.
E se serve riscrivere un inno, ci pensiamo dopo Monaco. Magari con la Coppa in mano.