Sono passati sette anni ma il Rey è tornato: non è cambiata la versione invincibile dell’Independiente in ambito internazionale, affatto. La squadra che ha vinto più Libertadores di tutti vince la sua nona finale continentale su nove, mai un colpo a vuoto, mai una delusione quando la posta in palio è alta.
Eppure il Flamengo sembrava una squadra più forte, più pronta a giocare una partita di questo livello. Considerazione totalmente sbagliata se si va a fare un raffronto con la storia: infatti il Rubronegro ha un rapporto complicato con i trofei internazionali, pochissimi successi e tante delusioni. Soprattutto in finale.
L’Independiente ha vinto con il carattere e con la testa, utili ad arrivare lì dove la tecnica sembrava favorire gli avversari. All’andata la rimonta completa, al ritorno solo parziale ma era quello che serviva per vincere questo doppio confronto. E così al gol di Paquetá che sembrava indirizzare la coppa verso il Fla ha risposto il rigore di Barco, primo vero lampo dl Diablo in un Maracanã infuocato.
Questione di dettagli, di istanti, di episodi che fanno girare una finale così tirata. Alla fine i meriti sono tanti e di tutti: di Holan che è riuscito a dare una gioia a una squadra che pochi anni fa era addirittura retrocessa, dei talentuosi Barco (che partirà per l’MLS a gennaio) e Meza, del capitano Tagliafico e del portiere Campaña, capace di costruirsi qui la sua convocazione al Mondiale con l’Uruguay.
L’Independiente c’è ed è Rey de Copas più che mai. Seconda Copa Sudamericana della sua storia che si aggiunge alle 7 Libertadores in bacheca da diversi anni.
Dall’altra parte invece gli sconfitti: una squadra costruita per arrivare in fondo in Copa Libertadores ma che ha fallito tutti gli obiettivi stagionali, anche questa Sudamericana che sembrava un percorso di ripiego. Colpa forse degli infortuni di Alves e Berrio o della squalifica di Guerrero. Fatto sta che anche quest’anno il Fla è rimasto a mani vuote.