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Tra illusione ed incubo: l’avventura dell’Atletico finisce qui

Tutto svanisce in un battito di ciglio, per una questione di centimetri. L’attimo di una magia sul filo tra il dentro e il fuori, tra il sogno e l’incubo, quella linea di fondo che è stata in quell’istante la metafora più concreta del cammino dell’Atletico Madrid in questa Champions League.

La giocata di Benzema sulla linea di fondo è l’emblema della partita e del doppio confronto: la giocata di un campione in bilico con quei millimetri che decidono se quel pallone è dentro o fuori, se c’è ancora una speranza o meno per l’Atleti. No, non c’è speranza: quel barlume intravisto in un quarto d’ora di ordinaria follia svanisce lì con il pallone che decide di varcare la linea più tardi ma purtroppo per il tifo colchonero all’interno e non a lato dei pali.

Il gol lo ha segnato Isco ma in tanti vanno ad abbracciare Benzema: il guizzo del campione ce l’ha avuto lui, il malagueño ha solo dato la pennellata per mettersi nella copertina di questa cavalcata blanca.

In questa Champions League il bel calcio ha viziato occhi e fantasia degli appassionati: il 6-1 del Barcellona ha stravolto il concetto di impossibile e il cuore più speranzoso ha intravisto i contorni del miracolo anche in questa ultima serata stellata d’Europa del Vicente Calderon. Però quando l’Atletico affronta il Real Madrid i sogni lasciano spazio agli incubi e i bei pensieri si trasformano ben presto nelle lacrime già scese a Lisbona e a Milano.

Da un solo gol di distanza dall’impresa alla resa in un attimo: Simeone non si è messo in ginocchio fino all’ultimo, ha provato in tutti i modi a riscrivere la storia di questa partita ma quel libro non ha trovato ancora il suo autore.

È la quarta volta che termina così negli ultimi quattro anni: l’Atletico sempre fuori con il Real, sempre dopo aver intravisto l’impresa, sempre pugnalato nel momento in cui ha alzato la testa.

La storia del Derby di Madrid in questo stadio finisce qui con il solito epilogo: una festa merengue sotto il diluvio di un cielo che piange la sua squadra e l’addio al Calderon. Chissà che il nuovo stadio non possa scacciare definitivamente questo incubo.

Simone Gamberini

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