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Il Trono di Spagna: il ritorno della capolista

Se proprio nessuno vuole il primo posto allora è giusto che la capolista sia di nuovo il Real Madrid. D’altronde tutte le squadre che sono passate per la cima della classifica con il vantaggio di avere almeno un turno in più in calendario hanno sofferto l’ossigeno dell’alta quota e sono precipitate in pessime figure: il Granada ha trovato la figuraccia con l’Atlético e la sconfitta col Cadice, il Betis si è fermato in mezzo alla settimana col Getafe, e il Getafe stesso è uscito con un drammatico 3-0 dalla Reale Arena di San Sebastián.

Insomma primo posto in affitto ma con breve pernottamento. Nessuno se la sente di recitare l’ingombrante ruolo della sorpresa, ed è per questo che il Real Madrid lo ritroviamo in testa, da solo ma virtualmente visto che Barcellona e Siviglia hanno ancora la possibilità di affiancarlo dopo il pareggio di ieri sera. Eppure non è un grande Real, non quanto quello che ha dominato lo scorso finale di stagione: Zidane non si è accontentato della crescita vista a luglio, ma ha cominciato un nuovo tipo di lavoro per provare ad alzare l’asticella. Il risultato è una squadra ancora con poca identità e che ha faticato in tutte e tre le vittorie consecutive ottenute negli ultimi sette giorni.

Due vittorie e mezzo di misura, visto che l’ultima, l’unica con più di un gol di scarto, ha visto il 2-0 arrivare solo all’ultima azione della gara in contropiede dopo l’arrembaggio finale del Levante. Di fatto nessuna big affrontata, se non la Real Sociedad, contro cui è arrivato l’unico passo falso. Insomma cammino che non impressione, ma che ha il sapore della crescita, visto che il ruolo di protagonisti non è più circoscritto solo a Benzema e Ramos ma anche a Vinicius e Courtois, dominatori delle ultime due partite. Il brasiliano nonostante qualche videogiocatore con troppo poco contatto con la realtà gli abbia affibbiato l’appellativo di sopravvalutato, deve solo migliorare la sua precisione sotto porta, ma ha dimostrato di sapersi prendere le proprie responsabilità nei momenti chiave, tanto da aver portato sei punti nel giro di una settimana dopo la sorprendente panchina col Betis.

Veniamo poi al Barcellona, che ha conosciuto per la prima volta in questo campionato un risultato differente dalla vittoria, ma di cui non può lamentarsi più di tanto. Vero, la decisione di non fischiare il rigore di Diego Carlos su Messi alla fine ha del clamoroso, ma la situazione della squadra promette bene in vista del futuro dato che il peggio dovrebbe essere passato. La nuova posizione di Messi ancora deve essere definita, ma con un Ansu Fati così la squadra ha di fatto un nuovo campione in rosa, pronta a sfruttare tutto il contesto che seppur poco rinnovato rimane competitivo. Unica incognita rimane la valorizzazione di Pjanic e Griezmann: a oggi a cosa servono a questa squadra? Il bosniaco vede poco il campo, non che stupisca la cosa ma viene da chiedersi se oltre a qualche aggiustamento di bilancio questo acquisto fosse realmente voluto; per Griezou la vicenda non cambia rispetto allo scorso anno, questa non sembra essere proprio la squadra per lui.

Sembra essere ancora però una corsa a due perché il lampo dell’Atlético alla prima di Suárez non ha trovato conferme nelle partite successive. Male con l’Huesca, malissimo col Villarreal, per due pareggi che possono essere già pesantissimi. Viene da chiedersi, ma Simeone a questa squadra cosa può dare di più? L’impressione è che il suo apporto sia ormai asciugato dal tempo e per quanto non si possa cancellare la storia incredibile segnata dal Cholo a oggi la squadra fatica a trovare un’identità. insomma, o Suárez trova la stagione della vita oppure questa squadra a marzo sarà ancora una volta a piedi.

Però in linea generale la Liga, pur ritrovando la capolista dell’anno scorso e in generale gli equilibri già visti negli anni, dà ancora un forte senso di stabilità. Tutte possono soffrire e persino lasciare punti con chiunque, e questo è il bello di un campionato competitivo. Che arriva alla sosta con pochissime certezze, forse la miglior cosa da augurarsi.

Simone Gamberini

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