Minuti di recupero, mai così letterale il senso di questa perifrasi. Recupero del risultato, della qualificazione, ma anche della reputazione: l’Atalanta crolla, il Psg ribalta un quarto di finale che in ogni caso avrebbe scritto la storia. Passano i parigini, contro una Dea che si è dovuta inginocchiare solamente dopo il 90′, svegliata nella maniera più brusca e crudele dal suo incredibile sogno.
L’impresa era stata costruita alla perfezione, ottenuta nel puro stile Atalanta: brillantezza, tecnica, velocità e soprattutto qualità. Tutte caratteristiche presenti in uno splendido primo tempo ma che man mano sono andate prosciugandosi nella ripresa. La squadra di Gasperini è stata tradita dal suo punto di forza, la grande condizione, per un finale di gara terminato davvero in apnea. Giù le gambe, giù i muscoli, la vera squadra non c’è stata più, tanto da chiudere con Zapata e Gómez sostituiti, e con l’esordio assoluto del giovane Da Riva, non esattamente il profilo da partita della vita. Ma miglior maniera di uscire non c’era: fa strano dirlo, perché due gol dopo il 90’fanno malissimo e distruggono rapidamente un’illusione incredibile, ma l’Atalanta è uscita davvero da grande squadra, spremuta fino all’ultimo dopo aver raggiunto e superato ogni suo limite.
L’anno di apprendistato in Champions è stato trionfale e ora ci sarà l’immediata occasione di rifarsi in una nuova edizione, senza le paure della prima trasferta di Zagabria e con le sensazioni trovate durante questo lungo cammino che li ha portati fino alla città della finale. Gasperini aveva parlato di Nazionale, non tutti in Italia l’hanno effettivamente tifata ma il cammino è stato davvero l’unica eccellenza italiana in questa competizione e anche dopo un’eliminazione così non possono arrivare che applausi.
Uscire così sarebbe stato davvero troppo per una squadra che ancora cerca una propria dimensione tra le grandi d’Europa. Mancare ancora la semifinale sarebbe stato clamoroso soprattutto per via di un tabellone che offre alla squadra di Tuchel anche gli spiragli del sogno finale. Le assenze hanno pesato, ma il peso specifico della rosa è stato testato e il risultato non può essere soddisfacente: ricambi poco all’altezza, qualità di gioco troppo bassa e isolata alle sole scorribande di Neymar, che se capita in una serata di poca lucidità sotto porta, rischia di essere uno dei volti della sconfitta.
L’ingresso di Mbappé ha sicuramente cambiato le carte in tavola, ma alla fine a deciderla è stato proprio O Ney. Un assist per Marquinhos più la palla gioiello per Mbappé, che ha poi servito Choupo Moting, per confermare la sua eccezionale qualità calcistica. Ha guidato una squadra che si è presentata nella sua peggior versione, ha saputo sbagliare e soffrire con essa prima di portarla in trionfo.
Un’eliminazione sarebbe stata davvero troppo deludente e avrebbe portato a conseguenze gravissime, perché sarebbe stata il certificato di incapacità di poter contare qualcosa in Champions. Uno spiraglio rimane, ma i dubbi anche: ora il Psg aspetta una tra Lipsia e Atlético per giocarsi l’approdo in finale, grazie a un recupero a cui forse neanche Tuchel credeva più.
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