Col calcio che si evolve, neanche l’universo mondo russo ne è rimasto fuori: son emerse nuove realtà, come lo Zenit San Pietroburgo o il Krasnodar, mentre si sono poco a poco sgretolate piazze storiche come la Torpedo o la Dinamo Mosca. Era sul punto di finire in questo lungo vortice anche lo Spartak Mosca: da sempre la squadra del “Popolo” o di chi si opponeva al regime, negli ultimi anni sono stati in grado di collezionare numerose delusioni e prendendo un ruolo marginale all’interno dello stesso calcio russo, al posto di CSKA Mosca e Zenit.
A niente è valsa inizialmente la Otkritie Arena, inaugurata nel settembre 2014: il quinto posto non è certamente un risultato con cui i biancorossi possono essere soddisfatti, ma tanto basta per confermare Dmitri Alenichev, autentica bandiera del club ritrovatosi chiamato dai moscoviti dopo una discreta esperienza sulla panchina dell’Arsenal Tula. A inizio stagione però, qualcosa va storto: nel terzo turno di Europa League arriva una clamorosa eliminazione per mano dell’AEK Larnaca (1-1 a Cipro, 0-1 a Mosca con gol presto all’89) che crea parecchi malumori, visto che si non si faceva l’Europa dal 2013 (anche allora vi fu un’eliminazione ad un turno preliminare). Le dimissioni, dopo sole 3 partite dall’inizio della stagione, sono dietro l’angolo.
Nel mentre, viene scelto ad interim colui che, fino a poche settimane prima era parte della spedizione azzurra a Francia 2016, era stato chiamato per curare la fase difensiva, vero tallone d’achille della precedente stagione moscovita: errori banalissimi che più volte sono costati caro (39 reti subite in 30 partite) ma che Massimo Carrera si è preso la briga di curare attentamente. Orfano si Conte finito al Chelsea, nessuno si sarebbe mai aspettato un’impatto così grande. E invece, mentre la società moscovita provava a contattare altri allenatori (si è parlato a lungo di Kurban Berdyev) l’ex giocatore di Atalanta e Juve riusciva a creare una chimica incredibile che si sarebbe poi rivelata indistruttibile. Partendo dal 3-5-2 del maestro Conte, si è passati ad un più congeniale 4-2-3-1 che ha saputo valorizzare al meglio tutte le componenti: se la porta è terra di Artem Rebrov (per il futuro è stato preso dall’Amkar Perm il classe 94 Aleksandar Selikhov), il quartetto difensivo è composto dai terzini Andrey Eschenko (acquistato in estate dall’Anzhi) e Dmitri Kombarov e dai centrali Ilya Kutepov e Serdar Tasci (in panchina Salvatore Bocchetti e l’ex laziale Mauricio). La mediana è terreno fertile per Denis Glushakov e l’ex doriano Fernando, col classe ’94 Roman Zobnin a fare da jolly. Davanti il terzetto è in mano al georgiano Jano Ananidze, al bulgaro Ivan Popov e all’olandese Quincy Promes, capocannoniere della squadra con i suoi 11 gol, con l’aggiunta nel mese di gennaio dell’ex Lokomotiv Mosca Aleksandr Samedov. In avanti, oltre al capoverdiano Ze Luis o al paraguayano Lorenzo Melgarejo (usato un po’ in tutte le posizioni d’attacco) è arriva in gennaio dal Milan Luis Adriano, resosi subito partecipe con un paio di prestazioni importanti.
Un’unità d’intenti assurda (2° attacco del campionato con 42 gol fatti e 5° miglior difesa a fronte delle 24 reti subite) che ha riportato i biancorossi sul trono di Russia dopo ben 16 anni (l’ultima coppa invece è datata 2003). Con un contratto fino al 2018, tutta la Mosca sponda Spartak si coccola sagacemente mister Carrera: 20 vittorie, 3 pareggi e sole 4 sconfitte con 10 punti di scarto sul CSKA, che ha dicembre ha sostituito Slutsky con Goncharenko, e 11 sullo Zenit di Mirzea Lucescu, ad inizio stagione favoritissimo secondo gli addetti ai lavori. Proprio una sconfitta interna di quest’ultimi, contro il Terek Grozny, ha regalato la matematica certezza del decimo titolo della squadra del popolo. Così come fu Luciano Spalletti, oggi Carrera mostra nuovamente alla madre Russia il calcio made in Italy. Con la speranza che possa essere un nuovo trainante per tutto il movimento russo, viste le ultime uscite non troppo esaltanti.
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