Attaccante forte fisicamente e dall’innato senso del gol, una leggenda in Sud America che però non è riuscito a confermarsi a grandi livelli in Europa. Era però impossibile non apprezzare la grinta e la determinazione di Martín Palermo, centravanti di sfondamento che ha scritto pagine epiche nella storia del Boca Juniors.
Nacque a La Plata da una famiglia, come suggerisce il cognome, di origine siciliane e fin da giovane dimostrò le sue enormi qualità in zona gol venendo ben presto aggregato ai ragazzi dell’Estudiantes. In biancorosso bruciò le tappe e il 5 luglio 1992 debuttò in campionato in occasione di una sfida contro il San Lorenzo quando non aveva ancora compiuto i diciannove anni. Gli inizi però non furono semplici, perché il suo modo di stare in campo non lasciava spazio a grandi giocate o a numeri sensazionali che incantavano la folla e così le sue apparizioni si fecero sempre più rare. Intanto i biancorossi stavano andando a picco, tanto che nel 1994 subirono lo smacco della retrocessione, ma per Palermo le cose non migliorarono. Anche in Segunda División fu una riserva e a seguito dell’immediata promozione sembrò logico il suo addio. Nel 1995 stava per firmare con il San Martín de Tucumán, ma per sua fortuna l’affare saltò all’ultimo momento. Con la squadra platense ancora a rischio retrocessione avvenne il cambio di allenatore e con in panchina Daniel Córdoba tutto cambiò. Nelle ultime otto partite Los Pincharratas ne vinsero sei e ne pareggiarono due con Martín che fu straordinario protagonista segnando sei reti. Fu il momento della svolta perché Palermo non uscì più di squadra e nel Clausura 1996 segnò due doppiette a River e Boca diventando uno degli attaccanti più seguiti e interessanti del campionato. Nel febbraio 1997 furono proprio gli Xeneizes ad acquistarlo e a caldeggiare il suo arrivo vi era un certo Diego Armando Maradona. In una squadra stellare fatta di campioni a fine carriera, come proprio El Pibe de Oro e Caniggia, e giovani dal sicuro avvenire, come Walter Samuel e Juan Román Riquelme, per El Loco non fu semplice l’inizio. Dovettero passare svariate partite prima di segnare la prima rete, ma riuscì a entrare definitivamente nei cuori gialloblu quando andò in gol nel suo primo Superclásico. Da allora divenne una macchina da gol inarrestabile e il Boca iniziò a volare. Nella Clausura 1998 fu una delle poche note positive, ma era solo l’antipasto per una magica Apertura. La squadra di Buenos Aires dominò senza discussioni il campionato non perdendo mai e chiudendo con ben nove punti di vantaggio sul Gimnasia La Plata secondo. Nelle diciannove partite che si disputarono ci fu una costante fissa: Martín Palermo. El Titán superó la media di un gol a partita realizzandone addirittura venti, dimostrando così che il brutto anatroccolo si era trasformato in un cigno maestoso. La straordinaria stagione portò la giuria del Pallone d’oro sudamericano a premiarlo forse un po’ a sorpresa, dato che non aveva giocato il Mondiale e non erano arrivati titoli internazionali, ma quella macchina da gol non poteva risultare anonima. Fu una volata all’ultimo voto con il difensore paraguaiano Gamarra ma alla fine l’argentino lo staccò con settantatre voti a settanta, mentre Chilavert chiuse terzo a sessantatre.
Un successo incredibile e che finalmente lo portò a vestire la maglia Albiceleste nel febbraio 1999. Giocò la Copa América di quell’anno da titolare, ma fu una competizione di luci e ombre. Partì alla grande segnando subito una doppietta all’Ecuador, ma nella seconda gara contro la Colombia ecco il dramma. I Cafeteros vinsero per 3-0 e Palermo sbagliò tre calci di rigore, un triste record che ne segnò la carriera. Si rifece andando in gol contro l’Uruguay nel turno seguente, ma la deludente prova nei quarti di finale contro il Brasile gli sbarrò le porte dell’Argentina per dieci anni. Quello fu anche l’anno dove segnò il suo centesimo gol in carriera in una gara contro il Colón e lo fece con il legamento del ginocchio rotto. Rientrò giusto in tempo per vincere la Copa Libertadores contro il Palmeiras e soprattutto la Coppa Intercontinentale contro il Real Madrid. Una sua doppietta nei primi cinque minuti stese il giovane Casillas e venne nominato uomo della finale. Nel 2001 provò l’avventura in Spagna al Villareal, ma si fece male subito in maniera alquanto bizzarra. A seguito di una rete andò a festeggiare con i tifosi, ma i cartelloni pubblicitari caddero e si ruppe tibia e perone. Il rientro fu difficoltoso e con il Sottomarino giallo non riuscì a incidere. Provò anche al Betis Siviglia e all’Alavés, ma la sua casa era il Boca Juniors e tornò nel 2004 per vivere altri sette anni straordinari. Continuò a segnare a raffica diventando con duecentotrentasei reti il miglior marcatore di sempre nella storia del club. Con Maradona commissario tecnico ritrovò la nazionale e fu lui a segnare il decisivo gol contro il Perù per approdare in Sudafrica dove venne convocato all’età di trentasette anni segnando alla Grecia. Si ritirò definitivamente il 13 giugno 2011 alla Bombonera contro il Banfield in una giornata a dir poco emozionante.
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