Il Napoli di Antonio Conte segna poco, ma subisce ancora meno. Ennesimo 1-0, il gol di McTominay, questa volta in casa del Torino, allunga a nove le giornate in testa alla classifica. In generale è la nona partita chiusa con un clean sheet su 14 giocate. Una impronta chiarissima, un marchio di fabbrica contiano.
La sfida dell’Olimpico dimostra, ove ce ne fosse ancora bisogno, quanto incida la nuova guida tecnica. È decisamente il Napoli di Antonio Conte. Ha una fisionomia precisa figlia di scelte e certezze quasi inscalfibili in fase di costruzione e di non possesso. Le richieste dalla panchina sono recepite e memorizzate. E poi c’è McTominay che trasla sul campo il credo del proprio allenatore. Correre, sudare, lottare e soffrire per vincere. L’ex centrocampista del Manchester United, dove è già abbastanza rimpianto, ricorda da vicino il suo allenatore anche nelle vesti di giocatore. In mezzo al campo, fa di tutto e spesso benissimo: contrasta, imposta, cuce il gioco e segna. Contro il Torino ha scaricato il contachilometri (ne ha percorsi quasi 13) senza perdere lucidità e concretezza. Un solido collante efficace anche nella conclusione a rete. Segna gol pesantissimi: l’ultima rete è a Torino, ma è sua la firma del vantaggio nella sfida con il Como e il timbro a San Siro contro l’Inter.
Il nuovo corso di Conte ha portato in eredità una nuova filosofia. Oltre a quella del lavoro, si è sposato il concetto di sacrificio e mutuo soccorso, anche a costo di sacrificare quel gusto dell’estetica che ha accompagnato gli ultimi anni e le vittorie azzurre. Il Napoli ha sfiorato lo scudetto con Maurizio Sarri e ci è arrivato con Luciano Spalletti. Due allenatori che avevano lasciato una impronta molto chiara anche dal punto stilistico, profondamente differente dall’attuale e ancora oggi più apprezzata, nonostante i risultati che sta ottenendo Conte. La sensazione è che il tecnico azzurro debba essere ancora assimilato da una piazza che, per larghe sacche, non riesce ancora a sposare il concetto che vincere, anche senza divertire, sia l’unica cosa che conta. Una filosofia che non appartiene agli usi e ai costumi di una tifoseria abituata anche a riempirsi gli occhi di calcio giocato. Conte, però, è ben altro. Si sapeva. E di conseguenza i tifosi azzurri più puristi e intransigenti dovranno scendere al compromesso di dover fraternizzare con l’idea di un Napoli più funzionale e pratico che entusiasmante. Questo però non significa, e i primi risultati lo dimostrano, che anche questa scelta non possa essere vincente.
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