Il Napoli di Antonio Conte porta a casa una vittoria in un modo che definire rocambolesco è anche sottostimare la realtà. A pochi minuti dal 90’, in parità numerica, era sotto di un gol e sull’orlo di una nuova crisi. Al 101’ festeggiava tre punti maturati in superiorità numerica, con undici minuti di recupero a disposizione al cospetto di un Parma privato di un portiere di ruolo. Quanto basta per nutrire ancora dubbi. Probabilmente senza la follia di Suzuki si parlerebbe di altro ma con i se non si scrive la storia e questo 2-1 potrebbe svoltare la stagione.
Vero che la vittoria è arrivata in modo poco ortodosso. Altrettanto innegabile che aiuti e non poco. Sicuramente non cancella i problemi, ma è comunque una prestazione figlia di una determinazione quasi feroce. Il Napoli non ha comunque mollato la presa e non si è sciolto di fronte alla difficoltà. Ha cercato di risalire la china con il sacrificio e senza presunzione, lanciando, al netto del risultato e di come è maturato, un segnale chiarissimo. Questa squadra è imperfetta, commetterà errori e sbaglierà tantissimo, ma ha due vantaggi. Può allenarsi, unica rispetto alla concorrenza per la corsa all’Europa che conta (per adesso, il vero obiettivo del club) dal lunedì al sabato concentrandosi sul campionato. Conte può approfittare della possibilità di non giocare le coppe per lavorare su spirito, testa e gambe di calciatori che non più di 24 mesi fa hanno vinto lo scudetto dominando il campionato. E pochi come il tecnico leccese sanno entrare nella testa dei calciatori trasformando un gruppo in un esercito in missione sportiva.
Il Napoli ha fatto capire chiaramente di non essere ostaggio dei calciatori, lanciando un segnale comunque importante: il club è e resta supremo, anche di fronte a un contratto di dieci milioni. Se chi li percepisce non vuole contribuire alla causa resta comunque fuori anche a costo di deprezzare un asset. Allo status quo, ci perdono entrambi: la società, nel capitale, il calciatore nel fare un dispetto a sé stesso oltre che al club. Probabilmente la situazione è figlia di un mercato profondamente cambiato. Gli inglesi non spendono, gli arabi sono più parsimoniosi. E così Osimhen è rimasto a guardare. Da un punto di vista tecnico il suo reinserimento appare complicato. Lukaku ha esordito e segnato, nessuno in questo momento ne sente la mancanza né dal punto di vista tecnico, né ambientale.
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