“Se cantate Bella Ciao non mi interessa” diceva l’uomo accusato dell’omicidio di Antonio Bellocco: il guadagno come motore di ogni movimento della curva
Le recenti indagini sull’organizzazione interna della curva nord interista hanno svelato una realtà che va ben oltre la passione sportiva e l’appartenenza ideologica. Dai dettagli dell’ordinanza cautelare emessa dal Gip Domenico Santoro emerge un sistema di gestione illecita degli accessi allo stadio Meazza, con cui il tifo e l’appartenenza politica c’entrano davvero poco.
Un esempio emblematico emerge dalle intercettazioni telefoniche tra due figure centrali del tifo organizzato, Andrea Beretta e Renato Bosetti, risalenti al 27 ottobre 2019. Beretta afferma chiaramente: “Non faccio le cose per lo striscione, a me non me ne frega un emerito c…”, lasciando intendere che le motivazioni non sono legate a ideali ultras, ma esclusivamente a interessi economici. Bosetti conferma: “Nessuno lavora per il popolo”. Beretta ribadisce: “Volete andare in curva a cantare Bella Ciao? A me non interessa, capito?”.
Il meccanismo messo in atto dai membri del Direttivo della curva Nord è articolato e complesso, coinvolgendo diverse pratiche illegali. Una delle fonti principali di guadagno è il bagarinaggio, ovvero la rivendita a prezzi maggiorati di biglietti e tessere di abbonamento intestate a persone che non ne hanno il reale possesso. In aggiunta, vi è il pagamento in denaro per l’ingresso illecito di tifosi privi di biglietto, favorito dalla complicità di steward disposti a chiudere un occhio in cambio di compensi. Bosetti è il protagonista di questo sistema: non solo mantiene rapporti con figure legate alla società calcistica, come i Supporters Liaison Officer (SLO), ma tiene anche registri contabili in cui annota prenotazioni e pagamenti, utilizzando carte PostePay per incassare i compensi.
Secondo quanto si legge negli atti dell’indagine, Bosetti è “il gestore occulto degli ingressi illeciti allo stadio e del traffico di biglietti e abbonamenti”, grazie alla sua “elevata competenza e rete di conoscenze” nel settore del bagarinaggio. Questa organizzazione parallela ha permesso a Bosetti e ai suoi collaboratori di trarre profitti significativi dalla gestione degli accessi allo stadio, controllando di fatto buona parte del flusso di tifosi nel primo e nel secondo anello della curva Nord.
Un’altra figura centrale nella gestione del tifo interista è stata Vittorio Boiocchi, leader della curva fino al suo omicidio nel 2022. Boiocchi, come emerge dalle indagini, non si limitava alla gestione della curva, ma esercitava forti pressioni anche sui vertici della società. Emblematica è una conversazione in cui Boiocchi si lamenta con Claudio Sala, responsabile della sicurezza dell’Inter, per non essere stato informato dell’arrivo di nuovi calciatori. “Ma che c… sta succedendo che non sappiamo come e quando arrivano e non andiamo a prenderli?”, esclama Boiocchi, aggiungendo: “Adesso cambiamo tattica, adesso le cose ce le prendiamo per forza e poi vediamo cosa succede”.
Tra i collaboratori di Bosetti figura Debora Turiello, una consulente finanziaria che ha svolto un ruolo cruciale nella gestione delle trasferte e degli incassi derivanti dalle partite in casa. Grazie alle sue “spiccate doti organizzative”, Turiello è stata nominata presidente dell’associazione We Are Milano, ampliando ulteriormente la sua rete di contatti con figure societarie e ottenendo vantaggi per la curva.
La collaborazione con gli steward è stata una parte essenziale del sistema illecito messo in piedi dalla curva Nord. Scrive la Gazzetta dello Sport come Michele Araldi, uno dei responsabili della sicurezza, racconta di essere stato avvicinato da due esponenti di spicco del tifo, Caravita e Beretta, che gli avevano chiesto esplicitamente di “dare una mano alla curva negli accessi allo stadio”. Araldi, però, rifiutò, ritenendo “assolutamente irricevibile” la richiesta. Tuttavia, il rifiuto di Araldi non fermò la curva, che trovò altre vie per corrompere alcuni steward e ottenere il controllo degli ingressi.
Lo steward Alessandro Borrelli ha descritto episodi di intimidazione da parte degli ultras: “Quando a volte ho cercato di bloccare fisicamente i tifosi che non avevano titolo a passare, ho ricevuto offese, strattonamenti e spinte”. Il timore per la propria incolumità e quella dei colleghi lo ha portato, come molti altri, a chiudere un occhio e permettere l’ingresso ai tifosi senza biglietto. Un altro steward, Marco Nasini, ha confermato situazioni simili, raccontando di essere stato minacciato: “Si agitavano dicendomi ‘Tu devi aprire, devi stare attento, altrimenti non ti faccio lavorare più'”.
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